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venerdì 11 luglio 2008

Caro Queneau.

Il giornalista.

I tre si siedono tutt’ intorno al tavolo. Il primo inconveniente è un ventilatore molto grande posto proprio dietro la schiena di uno dei tre. Per fortuna questi indossava una giacca! Ma, come accennato, non è l’ unica disavventura della serata, perché proprio la cena si rivela il problema più grande. Ordinano tre menu vegetariani, e si accorgono presto che, nonostante la buona qualità del cibo, mangiare scodelle piene di ceci e piselli in cui immergere il riso non agevola di certo la comunicazione, e il ritorno a casa si rivela così un vero disastro gastrico.

Il Romano.

Dopo che me so’ squagliato tutto er giorno in giro per la città sotto ‘st’ afa, me ritrovo ‘sto ventilatore puntato come ‘na pistola s’a schiena mia. Li mortacci loro; già me devono ringrazià che vengo in ‘sti posti indiani a magnà, che me sacrifico l’ anima a rinuncià a un ber piatto de maccaroni. Aoh, sai che c’è? Dopo che me ‘nturgido la colonna vertebbrale, ordinamo tre menu veggetariani per assecondà la ragazza mia, che non magna carne. Li mortacci loro, ceci e piselli a sfondà la panza. Ma che è, c’hanno pure gli indiani i ceci alla scoreggiona? ‘Nsomma, nun ve dico che è successo quanno so’ sprofondato ner sedile della macchina mia tornando verso casa. Mortacci sua.

Verbale della polizia.

I tre si sedevano sul tavolo del ristorante. Sceglievano un tavolo proprio vicino a un grande ventilatore di forma sferica. Decidevano di ordinare un menu vegetariano cadauno, lamentando successivamente problemi gastrici di varia natura, in quanto tali menu prevedevano un ingente utilizzo di ingredienti altamente digestivi come piselli e ceci. Dopo aver regolarmente provveduto a saldare il loro conto, rientravano a casa in preda a sospetti spasmi colitici.

Manager milanese.

Siamo seduti come in una joint session intorno al table. Appena appoggiamo il boffice, parte a manetta il ventilatore che sembravano gli Alisei. Già mi devo sorbire le cene indiane per lavoro, figuriamoci aggiungendo tutta quella air sulla schiena (tra l’ altro). Insomma ci sediamo, arriva il camarero dopo mezz’ ora e ordiniamo tre menu vegetariani, visto che alla mia girl non piace la carne (da mangiare). Uè, l’ avessimo mai fatto. Come tre bamba siamo ignari del fatto che nel menu non ci sono mica foglie d’ insalata e ti saluto, ma una vascata di ceci e piselli. Vaca logia, potete immaginare quale altra air abbiamo affrontato una volta tornati alla maison.

Il depresso.

Ogni volta la stessa storia; quando vado a mangiare fuori mi succedono sempre le cose più strambe. Non so che farci, forse non dovrei uscire di casa, a questo punto. Me lo sentivo proprio che avrei dovuto trovare una scusa. Il primo problema, infatti, è un bel ventilatore puntato dietro la schiena. Di chi è la schiena? Mia, naturalmente! Di chi, altrimenti? Così, mentre si congelano le viscere, mangio ciò che abbiamo ordinato tutti e tre. E qui arriva l’ altro grande problema: abbiamo infatti ordinato tre menu vegetariani a base di ceci e piselli! Ma si può essere più sprovveduti?? E io che me lo sentivo, di ordinare qualcosa di diverso! Niente, non do più retta nemmeno a me stesso, ormai. Così me lo sono meritato, quel gorgoglio stomacale per tutta la sera ed anche stamattina, e chissà per quanto ancora.

Il critico d’ arte milanese.

Si badi: qualcuno potrà pensare che un menu vegetariano a base di ceci e piselli corrisponda, nell’ immaginario collettivo, alla cattiva creanza di sorbire un pasto italico a base di versi e rumori. Nell’ intenzione specifica dei commensali, significava riappropriarsi del significato arcaico del legume; viene presto in mente “Il mangiatore di fagioli” del Carracci. Il tutto da non consumarsi in una comune osteria italiana, bensì in un più internazionale ristorante italiano. E’ un chiaro segnale dell’ intenzionale rottura degli schemi classici, portati financo alla stessa cena, al pasto, elemento tanto caro alla cultura nostrana. E si badi che qui si va anche ben oltre la mera intenzione. Poco importa il tornare a casa in preda a spasmi colitici, probabilmente meteoritici! Elemento ulteriore, semmai, di rottura, di spaccatura.

Fantozzi.

Dopo una intera giornata tascorsa a quaranta gradi all’ ombra, Fantozzi fu costretto a una cena aziendale in un ristorante indiano. Questo era vuoto, ma l ‘inserviente costrinse la tavolata in un angolo disgraziato, e Fantozzi si trovò davanti a un agghiacciante ventilatore di tre metri di diametro perfettamente funzionante. Quando cominciò a perdere la percezione delle vertebre, riuscì a ordinare ciò che presero anche gli altri: per assecondare la figlia del megadirettore, chiesero tre menu vegetariani. Fantozzi capì presto che per “vegetariano” intendevano del riso immerso in una devastante ciotola di piselli e ceci in grado di distruggere lo stomaco di un toro. Al grido di “Fantozzi, mangi” del ragionier Filini, divorò il tutto in una quindicina di secondi, oramai in preda a paralisi vertebrale dovuta all’ immane ventilatore alle sue misere spalle. Alla terza cucchiaiata, prese ad avere delle visioni e si accorse della presenza di S. Pietro sulla testa di Filini. All’ arrivo del mostruoso conto da pagare, Fantozzi riprese lentamente conoscenza e corse fuori. Emerse così dal suo corpo un leggendario rutto megagalattico che udirono in tutti gli isolati; qualcuno sospettò che fossero le trombe del giudizio universale.



Dedicato a C.A.

giovedì 10 luglio 2008

Canto nero.

Il dolore è un gorgo sommerso che emerge con la sua lingua e allarga la conoscenza, allarga proprio la cassa toracica e suona come un canto diabolico.

mercoledì 2 luglio 2008

la pancia psicosomatica.

L'uomo sopisce l' istinto di procacciarsi le cose e ritrova nel ventre la preda già ben masticata e poi vive nel torpore del dopo pranzo.