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mercoledì 27 ottobre 2010


Mystical Chihuahua

tecnica mista su tavola
2010


"Virginia Woolf"
tecnica mista su tavola 20x20cm
2010

lunedì 25 ottobre 2010

Ogni mattino, quando mi risveglio ancora sotto la cappa dei cielo, sento che per me è capodanno.
Perciò odio questi capodanni a scadenza fissa che fanno della vita e dello spirito umano
un'azienda commerciale col suo bravo consuntivo, e il suo bilancio e il preventivo per la nuova
gestione. Essi fanno perdere il senso della continuità della vita e dello spirito. Si finisce per credere sul serio che tra anno e anno ci sia una soluzione di continuità e che incominci una novella istoria, e si fanno propositi e ci si pente degli spropositi, ecc. ecc. È un torto in genere delle date.
Dicono che la cronologia è l'ossatura della storia; e si può ammettere. Ma bisogna anche
ammettere che ci sono quattro o cinque date fondamentali, che ogni persona per bene conserva
conficcate nel cervello, che hanno giocato dei brutti tiri alla storia. Sono anch'essi capodanni. Il
capodanno della storia romana, o del Medioevo, o dell'età moderna. E sono diventati cosí invadenti e cosí fossilizzanti che ci sorprendiamo noi stessi a pensare talvolta che la vita in Italia sia incominciata nel 752, e che il 1490 o il 1192 siano come montagne che l'umanità ha valicato di
colpo ritrovandosi in un nuovo mondo, entrando in una nuova vita. Cosí la data diventa un
ingombro, un parapetto che impedisce di vedere che la storia continua a svolgersi con la stessa linea fondamentale immutata, senza bruschi arresti, come quando al cinematografo si strappa la film e si ha un intervallo di luce abbarbagliante.
Perciò odio il capodanno. Voglio che ogni mattino sia per me un capodanno. Ogni giorno
voglio fare i conti con me stesso, e rinnovarmi ogni giorno. Nessun giorno preventivato per il
riposo. Le soste me le scelgo da me, quando mi sento ubriaco di vita intensa e voglio fare un tuffo
nell'animalità per ritrarne nuovo vigore. Nessun travettismo spirituale. Ogni ora della mia vita
vorrei fosse nuova, pur riallacciandosi a quelle trascorse. Nessun giorno di tripudio a rime obbligate collettive, da spartire con tutti gli estranei che non mi interessano. Perché hanno tripudiato i nonni dei nostri nonni ecc., dovremmo anche noi sentire il bisogno del tripudio. Tutto ciò stomaca.
Aspetto il socialismo anche per questa ragione. Perché scaraventerà nell'immondezzaio tutte
queste date che ormai non hanno piú nessuna risonanza nel nostro spirito e, se ne creerà delle altre, saranno almeno le nostre, e non quelle che dobbiamo accettare senza beneficio d'inventario dai nostri sciocchissimi antenati.
(1° gennaio 1916).

A. Gramsci "Sotto la Mole"

lunedì 18 ottobre 2010

Tutte le cose buone o valide di questo mondo non hanno alcuna pretesa di inventare qualcosa di nuovo, ma vivono sulla forza evocativa del ricordo, della memoria, provocando un senso di familiarità. Tutte le "invenzioni", dal campo scientifico a quello artistico, non sono che la rielaborazione complessa e sovrastrutturata di progetti, oggetti o idee già esistenti in forma larvale e poi sovrapposti per complessità e significato.
Così una società vive per necessità di memoria, la quale non inventa se stessa o null' altro, ma si ristruttura e ricompone in maniera progressiva gli elementi che la costituiscono.

mercoledì 13 ottobre 2010

L' uomo vive nell' incapacità di creare miti. Questi sono lo specchio del suo senso di perfezione; poichè non gli serve più la perfezione in una vita miserabile, non crea più miti. Esiste solo la realtà zippata nella tv al plasma, nel denaro, e così via. Trattasi cioè di una realtà parcellizzata, monocellulare, biologicamente smunta e rattrappita.
Il mito è un faro, un esempio, per seguire con immagini scavate nel profondo di sè cose che, per quanto irraggiungibili, fanno vivere un uomo in una dimensione più elevata. Poichè il senso dell' elevato si è ridotto e smontato in tanti piccoli (quanto inutili) desideri legati nemmeno alla sopravvivenza, bensì a bisogni artificiali, non ha più bisogno di storie. I bambini crescono senza storie. Senza arti, senza mestieri.



martedì 12 ottobre 2010




And every breath we drew was hallelujah.

martedì 5 ottobre 2010

Tutte le civiltà più evolute e ricche hanno posto la donna al primo piano. Già dai Sumeri e Babilonesi, precursori della nostra civiltà, che veneravano Ishtar. La donna è il termometro della società in cui vive; i figli del mondo sono i suoi figli. Osserva cosa può fare e cosa non può fare la donna nel tuo mondo: in base a ciò, capirai quanto è evoluta la società in cui ti trovi. Come sono distribuite le ricchezze, ad esempio. E' l' essere sacro per eccellenza, e in base alla sua sacralizzazione in una data società avrai la temperatura di quel mondo, e ne capirai lo stato di salute. E' lei che porta la vita e la rinnova. Non solo fisicamente. Una società sana parte dal rispetto e dall' amore per la donna, in qualsiasi forma.



La Porta del Tempio di Ishtar a Berlino.


lunedì 4 ottobre 2010

Isola.

Poi arriva qualcuno e ti insegna che cos'è sorridere davvero. Cosa c'è dentro casa tua. In soffitta, tra scartoffie. Le cose che prima non potevi immaginare di te e non avresti potuto raggiungere. Le cose che non avresti mai sbloccato altrimenti; forse perchè le tenevi in serbo o non ne valeva la pena. Forse ciò è costato a qualcuno; non si può impedire. Ci sono delle tasse da pagare, per tutti, che sono gli "errori". Il mare è lo stesso, ma ogni isola è diversa.


Di salotti è pieno il mondo e tutti possono parlare di tante cose; ma essere cultura è completamente diverso. Viverla è avere una serie di rapporti umani autentici e corrispondenti.
Vanno benissimo le festicciole, le inaugurazioni; ma ciò che conta, alla fine, è il cerchio di amicizie. Che, come insegna l' antropologia, è limitato a un numero ben definito. Vedi chi hai intorno e ti dirò chi sei.
Ho letto lodi sperticate per ragazzotti che lasciano il sistema legato al mondo dell' arte per ritirarsi tra sè e sè come fosse una scelta di coraggio. Che stupidità e che mancanza di fiducia nel proprio lavoro. Non c'è nessun coraggio a scegliere di non avere amici; evidentemente quel lavoro è debole e non è capace di attirare a sè nulla.

A F. e F.