Cerca nel blog

domenica 28 dicembre 2008

Lascia andare.

Affila la lama: ogni cosa deve crescere prima che venga recisa. Così, dall' inferiore della terra, nascono e germogliano le piante pensiero. Non sopprimere la terra, non soffocarla. Fai crescere tutto e poi recidi, cambia, vivi. Nulla può essere vissuto se non completa la sua crescita; non accontentarti di supposizioni. Accetta tutto ciò che esce dalla tua terra, lascia che esca come una legge naturale. Non presupporre! Non è vivere, quello. Vivi dal centro del cuore e sgorga libero: solo ciò che viene alla luce può essere tenuto o levato.
L'ego, per morire, deve prima fruttificare: non morirà, infatti, prima di nascere.

martedì 16 dicembre 2008

Da sempre i nostri sistemi religiosi insegnano a gestire situazioni al limite (e oltre) l' umano raziocinio. Non solo non siamo tenuti a sperimentare nulla ma ad accontentarci delle briciole delle esperienze dei santi e dei patres (che pure diventarono tali avendo sperimentato capacità e trascendenze ben oltre lo sciamanesimo pagano, e si veda S. Francesco), siamo anche congelati in una atroce, infame e chiassosa attesa, in cui fidarsi alla cieca di eventualità. Nella fede non c'è una grande saggezza, poichè credere sulla base di meri presupposti o magari lontani sentori è un amore per lo spirito non solo pregiudiziale, ma secco, scarno e arido. Solo chi metabolizza dentro di sè qualcosa, la può amare. Nessuna preghiera, nessun cd con "brainwaves", nessun limpido mantra potrà essere la porta d' accesso in automatico allo spirito. Si tratterebbe di consumismo! Inconsciamente vorremmo pigiare un tasto e da una console ci procuriamo e garantiamo il cielo.
Questo meccanismo del "fare" in senso stretto può finire paradossalmente per ingigantire la stessa percezione illusoria della distanza dallo spirito. Quindi non vi si accederà mai!
Noi sviluppiamo pertanto una saggezza ipotetica e non consapevole; e intanto il nostro corpo grida e si agita come un bebè affamato e disperato.
Chi si accorge di questo bebè, o si rifugia e si autocensura in un pratico massacro prostatico di penitenze e secche infelicità e insoddisfazioni (fintanto che non nuoce a qualcunaltro) o asseconda ogni sorta di impulso e pensiero indiscriminatamente oltre ogni discernimento facendo di quegli impulsi il vero cocchiere della propria vita, vivendo nella confusione e nella continua ricerca di autogiustificazioni.
"Scegliete la via stretta!", ma anche "Misericordia voglio, non sacrificio". Allacciati! Ma no, slacciati. Ma cosa si deve seguire?
Colui che realizza se stesso, non realizza in realtà questo se stesso come una identità esclusiva, ma si realizza all' interno di una totalità consapevolemte percepita. Non c'è traccia di lotta nel vincente; chi ha visto mai un condottiero che, dopo aver vinto la sua battaglia, si perde in altri inutili combattimenti, infierendo su un cadavere già gelido? Chi realizza la propria beatitudine infatti non ha da lottare o da sforzarsi come un cavallo ed anzi più lo farà e più questa bestia sarà indomabile. Non ci sarà lotta, poichè nella sua armonia raggiunta, nella sua età dell' oro, vivrà già naturalmente sotto le nuove frequenze.
Cerca la felicità e la beatitudine, e saranno i tuoi insegnanti. Il primo movimento dello spirito è verso la felicità.
Due link utili, accompagnati da discernimento:
http://lostregonediassisi.blogspot.com/
http://www.guruji.it/marmorto.htm da cui scaricare il file "floppy.zip"

domenica 14 dicembre 2008

Ignorante la coscienza lucida; scaltre le parole, pesantissima la sua mente...Non vi è modo neppure di saltare sotto quel giogo: non potrai mai spiccare il volo. Cambia la frequenza, sveglia il serpente addormentato, ravvolto sotto l' osso sacro. Lascia esplodere la tua lontana conoscenza e vibra come un lampo. Che sapere è mai quello che ti rende secco, arido? Sei solo una catasta di paglia secca? Ti accontenti della ritualità dei saluti, dei gesti convenzionali, delle macchiette quotidiane?
Eppure non c'è nessuna fuga da compiere, nè abbandonerai casa tua in tutta fretta. Dovrai soltanto capire le tue forze viscerali e ricondurle alle dovute altezze. Non dovrai isolarti su un monte sperduto, nè fuggire terrorizzato coprendoti la vista: togli il grumo dagli occhi e fai erompere il cuore, saldo il timone al centro del ventre. Respira estatico: dimenticati e poi ricordati, cioè togli la polvere. Forse pensi che un complesso discorso ti eleverà, ma così aggiungerai te stesso alle cose, o alla stessa credenze verso le cose. Così non vedrai nulla e arido resterà il cuore: nessuno da te trarrà forza o sentimento sufficiente, e nulla potrai comunicare, poichè vedrai solo te stesso. Quando ti scavalcherai e perderai, ti sarai trovato veramente.

venerdì 12 dicembre 2008

Ad esempio, ossevati lungo l' asse delle persone che frequenti e ti circondano: tu formi diversi sistemi, generalmente suddivisi tra conservativi e progressivi. Nessuno di questi sistemi è sbagliato in sè, ma ciascuno ti dirà quale nave puoi, vuoi o vorresti prendere.
Le conoscenze non fisse, ondivaghe, le presenze saltuarie, occasionali, spesso riflettono i desideri latenti, inesplosi. Così il mondo è uno specchio e riproduce la risonanza dei tuoi movimenti interni.
Ascolta anche ciò che non vorresti, nella tua vita, o che non gradisci e ti sembra piombato come una ingiustizia.
In qualunque sistema però tu voglia infilarti, passa sempre dal cuore come unico portone d' accesso.

Alone.

Scopri la tua gioiosa leggerezza: gioiosa consapevolezza dell' allegro fascino.
Sei molto più bella di quanto voglia dare a credere a te stessa.
Una cascata morbida e dolce di capelli ti circonda il viso.
Questo viso oggi ospita le righe di gioia, domani di dolore profondo...ma stai sempre dentro
il magico alone della tua serena bellezza.

mercoledì 10 dicembre 2008

Sì(i)

Sia il tuo cuore ampio ed esteso: tutto desideri, tutto comprenda, nulla trattenga. Armonizza continuamente la volontà, la memoria, il cuore, tutto raccorda in Amore. Quando pensi qualcosa, sviluppa prima, dal tuo cuore, un motore libero e irrefrenabile, indomabile. Quando il motore sarà pronto potrai desiderare qualsiasi cosa sotto quella risonanza.
Prendi e lascia, prendi e lascia andare. Quando non trattieni per te nulla, tutto sgorga nel cuore e la memoria è dorata. Sii curioso e gioca, piangi, non ti trattenere. Se hai uno scopo, sii severo ma non crudo, pretendilo da te stesso e da nessun altro; le circostanze che incontri sono maestre e sono risultanti: osservale, testimoniale, non lasciare che ti si aggrappino fino a perdere in significato.
Vivi in risonanza, curati.
Sii capace di maturare una gioia che ti percorra la spina vertebrale e ti trasporti su un livello nuovo. Insisti, investi su te stesso. Non cercare, sii.
Dio è considerato un enigma crudele, poichè si cerca dal lato sbagliato e chi lo trova, subito si adopera per imprigionarlo. Non hai niente da forzare o da costruire: o sei o non sei. Essere: sei già.

sabato 6 dicembre 2008

Il pensiero è una cosa.

domenica 9 novembre 2008

Sì, ci sono sempre alcuni aspetti che restano introversi; ma non ci si può assassinare di sensi di colpa e non si deve dipendere dal giudizio altrui. Essere profondamente liberi significa lavorare con ciò che si ha immaginando che quel "ciò" sia comunque il massimo possibile. Non puoi vivere altrove; agire o fare significa prendere consapevolezza del momento. Il momento muore, ma tu non muori, eppure sei tutto nel momento, come fosse il primo o l' ultimo. Molta gente si occupa degli altri e forma un fastidioso brusio in sottofondo. Non vivere fuori da te, invece, ed esci dalla logica del giudizio e delle conseguenze, dove ragionevole. Agire è occuparsi del proprio intento al di là della realizzazione.

venerdì 7 novembre 2008

mercoledì 5 novembre 2008

A volte bisogna difendere il proprio lavoro come cagne inferocite sopra i piccoli, poichè i piccoli sono indifesi e il mondo è dei prepotenti.

sabato 1 novembre 2008

Le lezioni di morale, disciplina o raziocinio sono solitamente l' unico strumento dei miserabili per assecondare la fame del sentirsi superiori.
Se la tua intelligenza ti rende peggiore forse non è intelligenza.

martedì 28 ottobre 2008

Che ordine vi è mai in un filo spinato arrotolato al cuore?
Alla luce del fuoco, sotto la spazzola, i suoi capelli
si spiegavano in punte di fuoco,
splendevano in parole, per ricadere in una cupa calma.

"Ho i nervi a pezzi stasera. Sì, a pezzi, resta con me.
Parlami. Perchè non parli mai? Parla.
A cosa stai pensando? Pensando a cosa? A cosa?
Non lo so mai a cosa stai pensando. Pensa."

Penso che siamo nel vicolo dei topi
dove i morti hanno perso le ossa

"Cos'è quel rumore?"
Il vento sotto la porta.
"E ora cos'è quel rumore? Che sta facendo il vento?"
Niente ancora niente.
"E non sai
Niente? Non vedi niente? Non ricordi
Niente?"

Ricordo
Quelle sono le perle che furono i suoi occhi.
"Sei vivo, o no? Non hai niente
nella testa?

Ma
O O O O that Shakesperian Rag...
Così elegante
Così intelligente
"Che farò ora? Che farò?
"Uscirò fuori così come sono; camminerò per la strada
"Coi miei capelli sciolti, così. Cosa faremo domani?
"Cosa faremo mai?"
L' acqua calda alle dieci.
E se piove, un' automobile chiusa alle quattro.
E giocheremo una partita a scacchi,
premendoci gli occhi senza palpebre, in attesa che bussino alla porta
(...)

Thomas Stearns Eliot

venerdì 17 ottobre 2008

Sogno un umanesimo nuovo, con un' arte che si prenda cura dell' uomo, che sia profondamente terapeutica e coscientemente piacevole; che attraversi consapevolmente la sua contemporaneità senza nostalgie e malinconie, partendo da Fabro e Penone, per esempio, con la volontà di costruire ancora grandezza, stupore carnale, estasi, poichè ci crede.

giovedì 16 ottobre 2008

Tredici novembre.


La pianura è una lama conficcata, e poi un budello che gorgoglia d' acqua dal sottosuolo. Racconterò questa pianura, questa fine della mia pianura, che da ora inghiottirà le sue figure e i suoi madonni; un rutto, una bestemmia d' osteria, e ancora un canto di airone e un fauno disteso a mezz'aria.

Spire.

Ama profondamente e capisci le budella di chi non ti ama; avverti il piacere di rinnegare le tue credenze, di non dare i tuoi valori come assoluti e validi per tutti, non mettere nessuno alla prova. Quando si copre l' amore degli altri delle proprie aspettative, risulterà sempre diverso e deludente, poichè si costringe la vita alle proprie spiegazioni.

E' grande, la città.

Immaginati come la città, imbiancata e levigata, che poggia sul suo enorme ventre di terra. A volte arriva una tempesta a scoperchiarne i tetti e le case, fino a lasciare ferraglia rigurgitata. Poi il ventre di terra, che vive e non muore mai, si riscopre e vedi che la città è anche il suo sottosuolo. Per capire ciò dovrai amare assieme i vermi e gli aironi bianchi, e avvolgere tutto in un cerchio di braccia.

sabato 4 ottobre 2008

Come quando parti, scopri le terre desolate, le lande lasciate incoltivate, gli oceani che respirano, i laghi dolci e i mari salati, finchè avrai una mappa completa e dovrai spostarti di nuovo, il giorno dopo.

martedì 30 settembre 2008

La lampada.

Nulla di ciò che debba essere svelato sarà tenuto nascosto; chi infatti si guarda con sincerità farà emergere ogni suo aspetto in ogni sfumatura. La vita interiore ha un costo; smetti di vivere attraverso gli altri e occupati di te. Penso si debba dare anche molta retta agli eventi intorno a sè, quelli che paiono indipendenti dalla propria diretta volontà. Invece esamina anche quelli, poichè riflettono un "motu" interno che scavalca persino l' inconscio. Non guardarti come un malato attraverso le patologie; così prolifereranno e sarai sconfitto dal concetto stesso di "guarigione", di "salute".
Pensare di avere il controllo totale su di sè è pure illusorio, e pretestuoso. Fomenta l' ego, quello che continuamente costruisce trabocchetti e false deviazioni, inoltre non appartiene alla conoscenza la volontà di comandare, indirizzare.
Continuamente la vita si preoccupa di smentire quanto predichi, poichè non è con il possesso che si "ha". Avere ed essere sono una cosa sola quando si cerca in sincerità.

lunedì 29 settembre 2008

Non ho nulla da insegnarti; soltanto voglio riparare il tuo dolore e mostrarti l' abisso che c'è tra il "potevo" di prima e il "potevo" di oggi. Tuttavia quell' abisso è colorato e custodito, poichè ci stai tu.

venerdì 26 settembre 2008

Sete.

Non porre limiti alla propria sete e desiderio significa potersi guardare in libertà, poichè questa sta proprio nella capacità di osservarsi e nella qualità delle osservazioni.
Agire secondo la propria coscienza non significa, come qualcuno già sospetterà, non averla; significa VEDERE cosa intende la propria e osservarne intento, intenzione, intendimento. E' congeniale e frequente "produrre" delle sensazioni brevi di relativa intensità, così che non si vada troppo a fondo in se stessi, poichè lì si sta molto scomodi, almeno apparentemente. Ma una vita interiore deve affondare le proprie radici, ancorarsi agli strati più profondi e da lì nutrire i suoi frutti. Così i desideri sono un ottimo strumento per non pre-vedersi, poichè la loro contraddittorietà, se acettata e indagata con franchezza, consente di far affiorare gli elementi scatenanti, che portano messaggi chiari e individuali.

giovedì 11 settembre 2008

Qui vult et qui non vult

Abbiamo conosciuto bene ora cosa si nasconde dietro questo sofisticato drappo di seta; come quei tappeti sotto i quali si rifugia la polvere accumulata e ignorata per anni, perchè conta mostrare la casa pulita per gli ospiti. Eppure ama incondizionatamente anche le disavventure, e non opporre te stesso, che non è nulla di importante. Quando vieni giudicato da qualcuno in tutta la ferocia che velenosamente lo anima, accetta il giudizio e lascialo andare a morire da sè come un suicida al fiume.

Tao

Se ami senza il picco, spesso illusorio, dell' orgasmo, che toglie energie, trasformi senza disperdere. Ed è così; non amo molto l' orgasmo (sebbene sia un bel momento da condividere con amore) perchè disperde molto le energie. Anche dopo una mattinata di piacere, non svuotarti, lascia crescere tutto senza che se ne vada lasciandoti l' amaro. Così nel famoso "dopo" non c'è stanchezza, non c'è quel senso sottile di sconfitta, ed anche la passione tra gli amanti continua a crescere perchè l' energia continuamente si rinnova e le emozioni sono molto più forti ed intense. Puoi riprendere quando ti pare, interrompere.. Per questo il concetto di "totalità" è sempre frainteso, ed è ovvio che si avverta chiaramente questo vuoto. Perchè il vuoto sei tu, che non ti accorgi, ed hai bisogno di quel vuoto per riappropriarti, altrettento illusoriamente, di te stesso, e alla fine sai di avere addirittura sprecato del tempo, perchè non ti rimane nulla. Non è la vita che di norma e regola distrugge ciò che chiami un pò ingenuamente "passione"; e già quando dai al sentimento questo nome, lo condanni dalle viscere tue a un inizio e a una fine, perchè così, insomma, lo partorisci e così nasce e muore. Quando si ama veramente, invece, non esiste inizio e fine, esiste l' amore figlio di se stesso e in se sussistente.
Così per gli esseri umani arriva troppo presto la stagione del disincanto, che da quel tocco di malinconia tanto affascinante (?) quanto inutile e non richiesto. Ma si sa che agli uomini piace autocommiserarsi e piagnucolare.

L'amore dei parenti.

Per quanto riguarda la mia "anomalia", giudicata come tale, ammetto che ci gioco io stesso molto su, perchè mi piace vedere come tutte le sciocchezze che si dicono e pensano da anni attraverso l' imbesuimento con parole sofisticate e laureate su di me, muoiano nella loro idiozia e superficialità reale oltre il drappo, arrotolate su se stesse come un pezzo di carta molle e bagnato. Sicchè posso immaginare quante fesserie si dicano tutt' ora su di me, intrise di perbenismo e invidia, ma preferisco non immaginarle e lasciarne il peso a chi le partorisce con tanto desiderio.

Meno.

Amare è assenza di sforzo.
Amare è Equilibrio, non equilibrismo.
Amare è Pace della pura percezione di essere. I conflitti sono segnali di mancanza di Amore. (A.Pangos)

Tutto ciò che avviene nella mente, avviene. In base alla idea interiore di passione, questa si svilupperà conseguentemente nella propria vita. Se giudichi qualcosa come passione, di certo si spegnerà, perchè avrai già giudicato i tuoi sentimenti, e questi si svincoleranno presto o tardi. Il senso di vuoto siamo noi, non è la passione. E' la sconfitta del proprio giudizio. O si aggiungono le parole o si aggiungono i sentimenti.

venerdì 29 agosto 2008

E'

Sono colui che osserva se stesso a teatro tra gli altri, quindi è sè, gli altri, e lo stesso teatro.
Dedicato a M.

giovedì 28 agosto 2008

E no.

Questo succede perché vedi l’ intelligenza come una linea retta, per cui credi che riempire un concetto di cose gli dia risalto e complessità, mentre la creatività schizza in tutte le direzioni, trasversalmente, o in più direzioni allo stesso tempo. Così ti disegni per comodità come una lunga linea, leggermente spessa, ma in realtà vi schizzi fuori da tutte le parti e non le vedi.

martedì 26 agosto 2008

Critiche al comportamento nell' ora dello spuntino.

Quando è sera il tuo giudizio, che era maturo nell' ora dell' happy hour, marcisce; tu te ne dimentichi e io me lo ricordo avvelenando la notte.

sabato 23 agosto 2008

Ma no.

Il problema dell' amore delle carni non è se decida oppure no di esistere, ma quando incontra, tra gli uomini, il loro "come". Questo "come" è un fiume torbido da attraversare, in mutande e pantofole, in mezzo ai "ma se" e gli "oppure". Sai quanto pesa il solo dire "sono"?

martedì 12 agosto 2008

Silenzio.

Parlo poco. Trovo che le parole degli esseri umani siano la spazzatura in avanzo del cuore. Chi si giuduca simpatico perchè parla e sbraita e agita le mani come una scimmia di solito ha con me un pessimo rapporto. Trovo che vi sia sempre una stridente volontà sotterranea di aggrapparsi a qualsiasi cosa per fare mostra di sè, e invece è così ridicola e sprecata la vita incentrata su di sè. Qualcuno dice che comunicare fa male, e per me è proprio una tragedia, ma sono contento del mio pessimo carattere. Anzi, fanculo già che ci siamo.

venerdì 11 luglio 2008

Caro Queneau.

Il giornalista.

I tre si siedono tutt’ intorno al tavolo. Il primo inconveniente è un ventilatore molto grande posto proprio dietro la schiena di uno dei tre. Per fortuna questi indossava una giacca! Ma, come accennato, non è l’ unica disavventura della serata, perché proprio la cena si rivela il problema più grande. Ordinano tre menu vegetariani, e si accorgono presto che, nonostante la buona qualità del cibo, mangiare scodelle piene di ceci e piselli in cui immergere il riso non agevola di certo la comunicazione, e il ritorno a casa si rivela così un vero disastro gastrico.

Il Romano.

Dopo che me so’ squagliato tutto er giorno in giro per la città sotto ‘st’ afa, me ritrovo ‘sto ventilatore puntato come ‘na pistola s’a schiena mia. Li mortacci loro; già me devono ringrazià che vengo in ‘sti posti indiani a magnà, che me sacrifico l’ anima a rinuncià a un ber piatto de maccaroni. Aoh, sai che c’è? Dopo che me ‘nturgido la colonna vertebbrale, ordinamo tre menu veggetariani per assecondà la ragazza mia, che non magna carne. Li mortacci loro, ceci e piselli a sfondà la panza. Ma che è, c’hanno pure gli indiani i ceci alla scoreggiona? ‘Nsomma, nun ve dico che è successo quanno so’ sprofondato ner sedile della macchina mia tornando verso casa. Mortacci sua.

Verbale della polizia.

I tre si sedevano sul tavolo del ristorante. Sceglievano un tavolo proprio vicino a un grande ventilatore di forma sferica. Decidevano di ordinare un menu vegetariano cadauno, lamentando successivamente problemi gastrici di varia natura, in quanto tali menu prevedevano un ingente utilizzo di ingredienti altamente digestivi come piselli e ceci. Dopo aver regolarmente provveduto a saldare il loro conto, rientravano a casa in preda a sospetti spasmi colitici.

Manager milanese.

Siamo seduti come in una joint session intorno al table. Appena appoggiamo il boffice, parte a manetta il ventilatore che sembravano gli Alisei. Già mi devo sorbire le cene indiane per lavoro, figuriamoci aggiungendo tutta quella air sulla schiena (tra l’ altro). Insomma ci sediamo, arriva il camarero dopo mezz’ ora e ordiniamo tre menu vegetariani, visto che alla mia girl non piace la carne (da mangiare). Uè, l’ avessimo mai fatto. Come tre bamba siamo ignari del fatto che nel menu non ci sono mica foglie d’ insalata e ti saluto, ma una vascata di ceci e piselli. Vaca logia, potete immaginare quale altra air abbiamo affrontato una volta tornati alla maison.

Il depresso.

Ogni volta la stessa storia; quando vado a mangiare fuori mi succedono sempre le cose più strambe. Non so che farci, forse non dovrei uscire di casa, a questo punto. Me lo sentivo proprio che avrei dovuto trovare una scusa. Il primo problema, infatti, è un bel ventilatore puntato dietro la schiena. Di chi è la schiena? Mia, naturalmente! Di chi, altrimenti? Così, mentre si congelano le viscere, mangio ciò che abbiamo ordinato tutti e tre. E qui arriva l’ altro grande problema: abbiamo infatti ordinato tre menu vegetariani a base di ceci e piselli! Ma si può essere più sprovveduti?? E io che me lo sentivo, di ordinare qualcosa di diverso! Niente, non do più retta nemmeno a me stesso, ormai. Così me lo sono meritato, quel gorgoglio stomacale per tutta la sera ed anche stamattina, e chissà per quanto ancora.

Il critico d’ arte milanese.

Si badi: qualcuno potrà pensare che un menu vegetariano a base di ceci e piselli corrisponda, nell’ immaginario collettivo, alla cattiva creanza di sorbire un pasto italico a base di versi e rumori. Nell’ intenzione specifica dei commensali, significava riappropriarsi del significato arcaico del legume; viene presto in mente “Il mangiatore di fagioli” del Carracci. Il tutto da non consumarsi in una comune osteria italiana, bensì in un più internazionale ristorante italiano. E’ un chiaro segnale dell’ intenzionale rottura degli schemi classici, portati financo alla stessa cena, al pasto, elemento tanto caro alla cultura nostrana. E si badi che qui si va anche ben oltre la mera intenzione. Poco importa il tornare a casa in preda a spasmi colitici, probabilmente meteoritici! Elemento ulteriore, semmai, di rottura, di spaccatura.

Fantozzi.

Dopo una intera giornata tascorsa a quaranta gradi all’ ombra, Fantozzi fu costretto a una cena aziendale in un ristorante indiano. Questo era vuoto, ma l ‘inserviente costrinse la tavolata in un angolo disgraziato, e Fantozzi si trovò davanti a un agghiacciante ventilatore di tre metri di diametro perfettamente funzionante. Quando cominciò a perdere la percezione delle vertebre, riuscì a ordinare ciò che presero anche gli altri: per assecondare la figlia del megadirettore, chiesero tre menu vegetariani. Fantozzi capì presto che per “vegetariano” intendevano del riso immerso in una devastante ciotola di piselli e ceci in grado di distruggere lo stomaco di un toro. Al grido di “Fantozzi, mangi” del ragionier Filini, divorò il tutto in una quindicina di secondi, oramai in preda a paralisi vertebrale dovuta all’ immane ventilatore alle sue misere spalle. Alla terza cucchiaiata, prese ad avere delle visioni e si accorse della presenza di S. Pietro sulla testa di Filini. All’ arrivo del mostruoso conto da pagare, Fantozzi riprese lentamente conoscenza e corse fuori. Emerse così dal suo corpo un leggendario rutto megagalattico che udirono in tutti gli isolati; qualcuno sospettò che fossero le trombe del giudizio universale.



Dedicato a C.A.

giovedì 10 luglio 2008

Canto nero.

Il dolore è un gorgo sommerso che emerge con la sua lingua e allarga la conoscenza, allarga proprio la cassa toracica e suona come un canto diabolico.

mercoledì 2 luglio 2008

la pancia psicosomatica.

L'uomo sopisce l' istinto di procacciarsi le cose e ritrova nel ventre la preda già ben masticata e poi vive nel torpore del dopo pranzo.

sabato 28 giugno 2008

Ti dai.

Come un rotolo svolgo la mia vita, seduto in un angolo compiaciuto e osservante. La vita è un atto creativo e un fiume da lasciare scorrere e andare. E' semplice, ma l'unico imperativo è "lasciare". Non trattenere nulla, lascia. Disidentificati con i ruoli che ti dai e ti danno, non considerare nulla di te come necessario, ma come parte di un atto creativo; osservati in un sogno pesante mescolato con gli altri.

giovedì 26 giugno 2008

La mia intervista su www.arsprima.it

Riproduco quì il testo della mia intervista realizzata per il sito www.arsprima.it.


La pittura è parte di me, ha iniziato a maturare
con me e vive di tutte quelle contraddizioni,
di cui, paradossalmente, vado molto fiero nonostante
il mercato e le mie frequentazioni abbiano tentato
di farmele vivere come una colpa.


Partiamo dai tuoi esordi...


Ho iniziato a far mostre eseguendo una pittura astratta (o meglio, antropomorfa) e monocromatica, praticando dei tagli dentro superfici intonacate. A un certo punto ho sentito la necessità di tornare alla figura, prediligendo smalti e acrilici. Ora vedo e vivo quel tipo di pittura come saturo ed eccessivamente emotivo, così ho cercato di sviscerare il suo pathos, andando verso una sintesi e un rigore che ora sento più autentici e miei. La continua ricerca di uno stile che mi emancipi definitivamente, mi ha condotto a sperimentazioni spesso "trasversali" con inserimenti grafici, necessari per sintetizzare il tratto e renderlo più acerbo.


Nei tuoi quadri esiste un forte citazionismo, ma questo non pare volto a metterti in linea con una certa tradizione, quanto piuttosto all'attribuzione di un significato che è altro.


Proprio così: mi servo della citazione, facendola obbedire, in realtà, ad altri significati.
Quando prendo una "porzione" di un quadro antico, la trasporto letteralmente su un altro piano,
le do un altro sfondo e altri personaggi e, così facendo, un significato diverso. Anche da un
punto di vista formale modifico il tutto: il rapporto delle proporzioni, il disegno, i colori.
C'è un lavoro di costruzione e decostruzione del significato originario, un tentativo di
sgrammaticare la forma originaria.


Cosa intendi per "sgrammaticare" l'immagine?


Si tratta di toglierle il significato eventuale, specialmente le accezioni di massa, e spogliarla
da riferimenti ad essa esterni. C' è un passaggio graduale da un'impronta iniziale ad una finale
che però non è detto che sia quella definitiva. Mi piace l'idea che l'immagine sia completamente
in essere, che sia continuamente modificabile, anche mentalmente. E' questo che produce il mio lavoro: una mobilità mentale per cambiare continuamente punti di riferimento, sensazioni.


L'uso del figurativo e, più precisamente, del "personaggio" sia esso celebre (politico, supereroe, artista) e non, ad esempio le fanciulle raffigurate in Cast(ing), non pare di critica sociale, quanto piuttosto di osservazione di una determinata realtà e di comunicazione di un proprio punto di vista.
Come si coniugano queste due componenti sociale e personale?


Con il motto "essere nel mondo ma non del mondo".


C'è una forte dimensione super partes, allora ...


Fa parte del mio percorso di indipendenza: per quanto questa sia illusoria è anche necessaria. E'
una sorta di proiezione di emancipazione, di uscita da quella illusione ottica che poi è intrecciata
a illusioni mentali.


C'è in altri termini una necessità di essere super partes per poter liberamente
percepire l'immagine originaria e poterla "sgrammaticare".

Sì, nel momento in cui io mi distacco da me stesso, rinuncio a quella serie di valori che io per primo avevo attribuito, un po' per abitudine, un po' per convenienza. E' sicuramente un lavoro di eliminazione dell'ego.


Quale volontà comunicativa si nasconde dietro queste istanze?


E' una comunicazione del sé, per sé ed in sé. Senza complicare eccessivamente le cose, esiste una esigenza comunicativa rivolta allo spezzettare vecchi significati, vecchie simbologie e portarle verso qualcosa di diverso, più contestuale al quadro. Quello per cui mi adopero, nei lavori, è trovare un gioco formale su più livelli e dimensioni pittoriche. Le figure si stagliano nei loro giochi tecnici grazie alla pittura ad olio, su uno sfondo diverso, isolato, con dei segni anche a pennarello e allontanati da varie velature, ad acrilico.
Questo crea, appunto, un dislivello sia fisico che mentale che permette l'inserzione di diversi registri all' interno della composizione. Si crea, così, una sorta di piccolo shock, enfatizzato da un uso "consapevole" del colore.


Cosa intendi per consapevole?


Per consapevole intendo intenzionale, cioè mi servo dei colori come di una medicina curativa, conscio delle proprietà diverse ed intrinseche che ognuno di essi ha e del fatto che sono tutti in grado di incidere direttamente sulla psiche e sul fisico dello spettatore. Il quadro ha per me una dimensione che acquista, man mano che passa il tempo, una consapevolezza terapeutica e curativa per l'essere umano.


Curativa per il fruitore o per il creatore del quadro?


Fruitore e creatore concorrono alla medesima azione di addizione e sottrazione conscia o inconscia del significato del quadro. C'è di fatto una comunicazione sottile tra l'artista e lo spettatore. Si crea una sorta di elettricità statica tra chi fa e chi guarda, che è può portare sia ad un'idea comune che a qualcosa di totalmente diverso.


Come se il senso dell'opera fosse costruito attraverso un duplice canale:
la ricerca dell'artista e l'indagine che lo spettatore compie inconsciamente nel momento dell'osservazione.


Assolutamente. I due momenti nascono separatamente perché sono diversi, però confluiscono: quando il lavoro esce dalle quattro mura dello studio, incontra sensibilità diverse per cui avrà consenso, dissenso o entrambe le cose in maniera parziale. L'opera nasce con questa consapevolezza: quando uscirà dallo studio andrà ad incrociare sensibilità diverse da quelle di chi l' ha fatta materialmente. Lavorare con questa consapevolezza dà input diversi.

Il titolo diviene allora fondamentale.

Ah, sì, quello è basilare, anche se mi riesce sempre più difficile, tra l'altro: a volte rinuncio anche
per settimane a darne uno! Il titolo dà delle coordinate su cui muoversi, un contesto in cui inserire il lavoro. Il precedente processo di eliminazione del contesto tradizionale, complica la scelta del titolo esatto.


Quali immagini colpiscono maggiormente la tua sensibilità?


Le immagini rispondono sempre ad un certo tipo di chiaroscuro, di distribuzione delle masse di colore: è questo quello che mi interessa. E' come se, con la visione dell'immagine iniziale, si formasse un'impronta, che poi verrà progressivamente metabolizzata e trasformata anche attraverso passaggi più astratti. Parto da un tratto molto preciso, definito anche a penna bic sulla tela, poi lo "scarnifico", grazie soprattutto alle proprietà dell'olio che ha la caratteristica di poter giocare con lo spessore, le sfumature.


Qual è il ruolo dell'artista in questa società?


Il ruolo dell'artista in questa società è quello di cercare se stesso e la propria soggettività, cioè il
non darsi dei ruoli predefiniti. Questo non significa che l'artista debba smettere di "porsi delle domande".
Un sistema non può essere negativo di per se stesso, tanto meno un sistema dell' arte, perché l'arte esprime l'uomo. Certamente la mia generazione soffre di pigrizia ed inerzia, per cui la statica situazione attuale è...quella che si merita! Si può parlare per ore delle gallerie, o dei critici; si possono attribuire colpe arbitrariamente, ma alla fine un sistema è la risultante esatta di una specifica attitudine mentale.
Le doti tecniche non mancano a noi giovani artisti, ma finché la mentalità sarà così passiva ed inerte (intendo quando c'è, perché tante volte sembra di avere di fronte uno spazio cerebrale cavo) sarà impossibile che si crei un sistema differente da questo. Il rispetto va meritato, non solo preteso come diritto naturale.

Ricordati.

La pittura è conoscenza dei propri mostri interiori; la gestione libera, al limite degli autocontrolli, svincolata dalle necessità della realtà così come appare, nella sua frontalità esigente e maleducata. Dipingere, come le altre discipline artistiche, è un atto in cui inscenare per un momento protratto per un tempo "x" un mondo possibile. Che si riproduca la realtà oppure si crei per imaginatio, si inscena sempre una possibilità reale trasportata su una dimensione parallela. Durante l' atto creativo, non ci devono essere limiti; si agisce su un piano separato, che ha bisogno di rimettere in gioco continuamente ogni cosa. Certamente, anche parlare può essere un atto creativo. Anche stirare una camicia. Anche comporre un sms. Tutto può aprire delle porte inattese.
Così, praticare ad esempio il ricordo del sogno (o sogno lucido) significa sviluppare la capacità di portare alla lucidità i sommovimenti interni. Tutto avviene, infatti, al di là di un eventuale e possibile tracollo personale, privato. Le cose danzano e partecipano e non si possono strozzare. Puoi rimandarle, e vivere fingendo di vivere. Una cosa è vivere senza identificarsi in nulla e godere del flusso di tutte le cose che passano, un' altra è scansarle fingendo che non facciano male, o godere. Vivere è un atto semplice e drammatico. Spesso è un atto coercitivo, e tutta quella resistenza cui le si oppone disperatamente alimenta mostri, che al nostro sforzo ne contrappongono uno molto maggiore.

mercoledì 18 giugno 2008

Caino e Abele.

Nel Vangelo di Tommaso, quello definito per “iniziati” (“eretico” da tanti altri), è scritto: “Quando di due farete uno e renderete l’ interno identico all’ esterno e l’ esterno identico all’ interno e l’ alto identico al basso, e farete una cosa sola del maschio e della femmina, di modo che il maschio non sia maschio e la femmina non sia femmina, quando farete occhi al posto di un occhio, una mano al posto di una mano, un piede al posto di un piede, un’ immagine al posto di un’ immagine, allora entrerete [nel Regno]”.

Gli Etruschi amavano decorare le pareti con dei motivi a scacchiera; per loro la vita era, appunto, una scacchiera di alternanza di elementi contrapposti dentro un ordine cosmico divino, dualistico, un vero reticolo su cui costruire il senso delle cose.

Questa è una visione più “complessiva”, ma anche più distaccata. Sembrerebbe che la dualità sia qualcosa di cui prendere semplicemente coscienza, e inserita in una ottica a largo raggio; anzi la scacchiera potrebbe, in fondo, proseguire all’ infinito senza che vi sia in fondo la necessità di terminarla, con una nota quasi di fatalismo. Nella visione del vangelo apocrifo si tende più a cercare di equilibrare gli elementi, con uno sforzo spiritualmente attivo a fondere due parti in una. Anzi si spinge affinchè si lascino emergere dal profondo tutti gli elementi costitutivi di un individuo; si ricorderà infatti l’ espressione:”sarà portato alla luce tutto ciò che viene tenuto nascosto”. Così come penso alla frase: “e i due faranno del corpo una cosa sola e lasceranno la casa del padre e della madre”, che ha lo stesso medesimo senso se letto in questa chiave. Una ricerca spregiudicata di sincerità direi “intestina”, che ricorda da vicino certe pratiche di “rebirthing”. Trovo bellissimo come, in realtà, la mistica che emerge da questo Vangelo (e dagli apocrifi in generale, bisogna dirlo) sia volta a non considerarsi separati dal cielo, ma a realizzare il cielo sulla terra. Sei immerso nella terra; non dimenticarlo, non scappare, non fingere di essere altro da te. Realizza piuttosto una completezza interiore, equilibra tutto te stesso, fondi il sé inferiore con il Sé Superiore , che deve emergere da questa voragine.

Tornando agli Etruschi, i rituali sacri ed esoterici pare avvenissero tramite sacerdoti preposti che con una mano posta sul capo chiudevano il contatto con il cielo (rappresentato dalla parte superiore del cranio), e con l’ altra si sintonizzavano con le energie emanate, secondo il loro punto di vista, dal terreno, dal basso.

mercoledì 11 giugno 2008

Il calamaro gigante.

Un uomo è diviso in centinaia di pensieri, ma soprattutto di identità. Egli si identifica con una o due tra queste, che magari sono la somma di altre; alcune le esclude per vergogna, molte per convenienza, molte ancora per timidezza e così via. Queste identità giacciono in un sottosuolo alla Dostojievski; un mare a riposo con i suoi relitti sul fondale, con molte specie nascoste e inesplorate. Continuamente emettiamo pensieri, idee, stati d' animo; sopra la calotta cranica un coperchio dorato, da presentare all' esterno. Così autoselezioniamo noi stessi per il mondo esterno, mentre quello interno è un brulichio di cose, un vero formicaio, spesso sconveniente. Questo conflitto irrisolto, ma costantemente presente, ci corre dentro e silenziosamente lacera le fibre. Quanto più cerchiamo di tappare le molte parti di noi, e io dico i molti Noi, tanto più ci riesce difficile. Anzichè vedere la realtà esterna come riflesso di ciascuna delle molte nostre parti costituenti, costringiamo noi stessi a conformarci alle piccole regole della vita esterna, e i Noi interni si assoggettano ai Loro esterni. Questa costante opera di autorepressione crea insicurezze e paure. Per sanare queste autentiche ferite interiori, occorre rappacificarsi con i molti aspetti di sè, anzi con i molti sè. Riconoscerli, chiamarli per nome; prenderne atto, insomma, per ciò che sono naturalmente. Voler distruggere, più o meno inconsciamente, qualcuno di questi sè, non fa che rafforzarli. Quando anzi vengono rinchiusi a forza nello scantinato cominciano a gridare, a impazzire, e perdere il controllo. Quando ci sentiamo veramente innamorati, siamo consci di essere "noi stessi", "naturali". Si dice:" hai fatto emergere un me stesso che non pensavo di avere". Io aggiungo anche che è sempre tempo di essere innamorati, tutto sommato. Bisogna però smettere di vestire questo o quell' altro ruolo, dando adito a competizione, insoddisfazione, repressione, che sono tutti tappi emotivi. Non è merito di un altro l' averti cavato fuori altri Te; sei tu ad esserti ricongiunto con una tua parte costitutiva, nel bene e nel male. Sempre che tu non voglia pensare di essere dentro un sistema in cui sei totalmente sottomesso all' esterno e nulla dipende da te!

mercoledì 4 giugno 2008

Professionisti del cuore d' oro.

Questo disegno è un esercizio di dolore. Se ti ripugna, ti infastidisce, non capisci il tuo dolore. Se sei capace di soffermarti, pensando di andare oltre la protezione che eserciti su di te, vedrai fino in fondo che, col passare dei secondi, si trasforma in una immagine di estasi. Il dolore a un certo punto si spacca, si apre. C’è un livello che il pianto umano apre e squarcia, trasforma la soglia. Nel dramma umano, il dolore sappiamo quanto abbia un ruolo fondamentale per la conoscenza delle cose.
C’è chi vive singhiozzando, chi piangendo, infine chi pensa di esportare il proprio benessere lontano, molto lontano da sé. In un posto molto lontano dal cuore, sciorina la propria lezione di vita in posti lontanissimi, dove non vi sono persone troppo simili a sé. Il dolore umano non trasloca: non è che sia maggiore da una parte e minore da un’ altra; troppo difficile calcolare le sue forme, i suoi modi di manifestarsi. Ma quando serpeggia vicino, troppo vicino per essere guardato negli occhi, allora è meglio partire, è meglio andare alla missione, più lontano possibile da casa, dalle abitudini, dai familiari. Urla troppo, il dolore, a casa propria; meglio farsi professionisti del sollievo.

giovedì 22 maggio 2008

C'è un sapere che si apre e uno che si chiude.
Quello che si apre cambia il tuo nome quando stai di fronte alle cose, quello che si chiude cambia il nome alle cose quando ti stanno di fronte.

martedì 20 maggio 2008

Realizza

Quando si prende coscenza di qualcosa, un senso di liberazione e leggerezza pervade il corpo. Che un uomo voglia essere ricco, famoso, operaio o direttore, calzolaio o cantante pop, tutto accade con la presa dela consapevolezza.
La ricchezza che risiede tra le stelle, però, non nasce come quella degli uomini; non nasce nel ricatto e per il ricatto. Che tu sia una formica o un calabrone (almeno agli occhi della società), prendi consapevolezza della tua volontà. La consapevolezza smuove qualsiasi cosa: è la causa e l' effetto.
Sii la corrente consapevole che al mattino presto, puntuale, corica le stelle, non abbandona il fiume, sorregge le foglie sugli alberi e sempre, senza sosta, ora per ora, si conosce e si realizza. Se fosse dormiente, lascerebbe crollare le stelle dall' alto e si smarrirebbe.

lunedì 19 maggio 2008

Risultato

Sei il risultato del tuo pensare:
sei ciò che vuoi essere,
ma anche ciò che non vuoi essere.
La corrente non distingue se stessa e non si divide,
segue gli ordini del vento.

Sei il letto del fiume,
e la corrente,
e pure la spinta stessa della corrente;
sii il consapevole padrone.
Tutte le cose sono orfane gelate di consapevolezza.
Non dire ciò che vuoi essere ma sii ciò che vuoi dire.

Germi

Non puoi ignorare i tuoi desideri. Se lo fai, questi germinano in una battaglia devastante dentro le viscere.
Se il desiderio lo combatti, sarà un cancro per la mente e continuamente quello sobbalzerà dal profondo, magari all' improvviso, e sarà ostile alla tua vita.
Se deciderai di accompagnarlo, e di comprenderlo, esso ti sarà servitore fedele e cambierà anche nome pur di seguirti.

Lo sforzo

Lo sforzo vale molto di più di un risultato, ma uno sforzo troppo rumoroso non è un buon risultato.

domenica 4 maggio 2008

Gli altri fardelli.



Il rancore è una miseria sfogata addosso agli altri, nell' illusione di scaricare il nostro fardello su di essi. Tanto per essere ancora più miserabile, si sfoga sempre su quelli che riteniamo essere più deboli e sottoposti. Questi "altri" sembra vivano in un posto lontano, proprio come una discarica abusiva, invece finanche le loro viscere risuonano dentro le nostre, e il dolore degli altri è il dolore tuo e di tutti.
Se vivi con preoccupazione, vivi per la preoccupazione.

sabato 3 maggio 2008

Se pensi che vi siano dei responsabili nella tua vita, non hai preso coscienza di chi è il solo responsabile. Se pensi che ciò sia offensivo per chi è disperato, trovo offensivo per chi è disperato fare il disperato.
Non che il sangue racconti cose diverse dalla morale.

mercoledì 30 aprile 2008

What you resist, persists.

lunedì 28 aprile 2008

A proposito del cuore di pietra

"Tutti i bimbi come te hanno qualche cosa che di terror li fa tremar e non sanno che cos'è".La Casa Bianca, Sanremo 1968.

Era il 1998 o '99 quando su commissione realizzai una tela raffigurante il Battesimo di Gesù. Dopo aver sostato per diversi mesi in una sorta di limbo parrocchiale, il sacerdote infine si convinse a lasciarmi questa gravosa responsabilità. Fatto sta che dopo aver terminato il lavoro cominciarono altri problemi. Subito mi fu ordinato di mettere attaccaglie provvisorie alla tela, di modo che il prete avrebbe potuto togliere il quadro dal muro in qualunque momento. Parole testuali. Qualora avesse stabilito che si trattava di un quadro peccaminoso o lesivo della dottrina, lo avrebbe potuto facilmente eliminare alla vista. Questo tanto per mettere le mani avanti e coprirmi anche d' amore, già che c'era. Nonostante questa diffidenza a suon di sberle, il quadro piacque molto ai parrocchiani, tanto che, molto contenti del lavoro, decisero di chiedermi ufficiosamente la affrescatura di tutta la Chiesa. Potete immaginare ciò che ne seguì. Oltre a un nuovo interminabile giro di limbo, mi fu detto che bisognava attendere il parere della Curia, parere che non arrivò mai più. Chissà poi che avrebbe mai cambiato questo parere? Feci in tempo anche a traslocare dal paesello.
Oggi i muri della Chiesa sono rimasti vuoti (all' esterno un bel giallo canarino a impreziosire il tutto).
Iniziai a non sopportare questo: oltre alla più classica burocrazia dei sentimenti, il terrore strisciante nel fare qualcosa di nuovo, di "diverso" (capirai!). Un terrore latente che però teneva tutti in scacco, senza motivo, per congelare ogni cosa in uno stato di totale innocuità.
A tutt'oggi i muri della chiesetta sono rimasti vuoti, bianchi e gelidi.

venerdì 25 aprile 2008

Calda sfera di natura
Musa
dea di luna crescente
il respiro è tutta una cosa
uno
e ribolliva l' aria che lasciavi sgorgare sul serpente delle vertebre
tuttora, lo sai, ci richiama come muso di un vitello di appena 3 mesi.
Sfera
Musa preziosa,
anche Cosa, indefinibile Cosa,
(niente di male)
calore che sbuffa da un cratere di terra.

giovedì 24 aprile 2008


La musica ti avvolge innamorata, le arti visive ti accolgono come ospite d’ onore. Lo stupore sta nel fatto che queste discipline trovino un sottile ed emozionante punto di contatto con l’ interlocutore. Amo e pratico la pittura perché è carica di stratificazioni fisiche che accompagnano più o meno gradualmente lo spettatore nella visita delle diverse stanze della casa. La presenza di un ottimo quadro in una casa cambia la vita di questa.
Anche il pittore deve essere ben attento e conscio di questo aspetto, e non può vendere ad altri la sua distrazione, il suo svago, il suo ozio giovanile. Un pittore deve essere conscio di vendere un gioiello; anzi più di un gioiello, una parte di sé, se non tutto se stesso. Così il quadro si carica di questa impronta, perché l’ autore deve sapere visceralmente di accompagnare l’ acquirente o lo spettatore nei suoi aspetti più profondi e dignitosi. Non un muro, non un divano, non la copertina di un disco.
Dedicato a C.A.:)
Il dolore è un vuoto di creatività vitale. E’ un vertiginoso vuoto, un abisso che si crea e sussiste finchè non viene riempito con una forza contrapposta e creatrice.
Il dolore è un momento importante per prendere coscienza di sé. Sebbene sia lo strumento preponderante per la crescita di un uomo, non è una legge di per sé. E l’ uomo che vive, per dirla alla Gurdjieff, in un modo che sia il fattore scatenante principale della sua presa di (auto)coscienza, in quanto vive ora dopo ora in uno stato di sonno sapientemente organizzato e sviluppato.
Certamente il dolore è un elemento di rottura, la rottura di una diga che fino a quel momento tentava miseramente di resistere agli urti dell’ acqua. E’ il partigiano dormiente che incorre in extremis nella vita politica.

venerdì 18 aprile 2008

Unbelievable...faith.

La fede è un sistema involutivo di una mente non creativa, ma subordinata o, per meglio dire, con una creatività subordinata.
Siamo il risultato del nostro pensiero; per me lo sforzo creativo, che chiamo “volontà prima”, è la più grande forza presente in un uomo, per quanto questi se ne serva più o meno coscientemente.
Cos’è questa forza di volontà, o sforzo di volontà? E’ la capacità di filtrare i segnali delle realtà circostanti (v.figura), indirizzandole intenzionalmente al servizio del proprio percorso di vita. Vedo la realtà circostante non come “una”, ma come la risultante statistica di sfaccettature che direi infinite. L’ abilità di un uomo sta nel risvegliare questa capacità creativa, che è pressochè latente, prendendo possesso intellettuale della propria vita. Egli dovrà prima liberarsi, più o meno gradualmente, dei blocchi emotivi che sono dei veri e propri giri di boa. Non intendo naturalmente la capacità di articolare un pensiero e attaccargli fronzoli tanto da farlo sembrare “complicato”. “Complesso” e “complicato” sono due cose ben diverse.Un uomo emette continuamente pensiero, e in base alla consapevolezza di cui se ne serve, sviluppa la capacità di subordinare la propria vita alle esigenze cosiddette interiori, giacchè penso fermamente che il pensiero condizioni la realtà concretamente, fisicamente. Questa forza pensiero va quindi liberata e manifestata affinchè se ne prenda possesso e si assecondi una sorta di intento creativo nei riguardi della realtà. Oltre le griglie riduttive di positivo e negativo, buono e cattivo, cancellando e ricostruendo continuamente. Il desiderio è il motore principale, la linfa vitale. Io lo vedo ripartito in questa maniera: nella fronte, nel cuore, nello stomaco. Nella fronte risiede il potere di codifica della intenzionalità, cioè di “elaborazione dei dati” e riordino di questi. Nel cuore risiede una intenzionalità emotiva, scaturita dalla sfera emozionale individuale. Nello stomaco risiede una intenzionalità sensibile, collegata alla difesa di sé e alla sfera degli istinti umani.



La realtà circostante si muove in direzioni infinite e per motu proprio (nonché con significati e sensi differenti, anche contemporaneamente) e noi ne siamo dei ricettori, lettori e sviluppatori attivi (v.figura). Per questo attribuiamo alle cose moralità, amoralità, positività e così via. Il senso è la direzione delle cose. Questo senso di marcia, generalmente, facciamo in modo che venga verso di noi, ci assecondi. Desidera fortemente e stai certo di ciò che vuoi. Copri la tua vita di desiderio, non accettare di essere dormiente e passivo, e le cose succedono. Aspettano di essere chiamate per nome, in una parola “consapevolizzate”. Pensiamo di farlo, ma in realtà siamo un castello disabitato. Poiché le luci sono spente in quasi tutte le stanze, ci sembra non esistano neppure. Il resto lo fa la paralizzante paura del buio.
Dedicato al pittore Siva.

lunedì 14 aprile 2008

Patterns

Nei rapporti affettivi domina la paura; tra le tante, spicca spesso quella degli ex di turno. Questa paura è molto utile ad ancorarsi al proprio passato, fonte ineguagliabile di giustificazioni per rimandare la propria vita. Vivere però sotto questa ottusità, oltre a rovinare presente e futuro, coltiva queste manie fino a renderle patologie reali. Continuamente creiamo i pattern su cui distendere la vita, ma per paura di farlo fino in fondo lasciamo che riemergano certe paure e fatti del passato a ostacolare il normale sviluppo delle cose. Siamo i nostri stessi ostacoli, perché abbiamo paura di desiderare fino in fondo, per mancanza di stima e perché non crediamo a noi stessi. Appena si riesce a ottenere qualcosa, subito lo copriamo di incertezza e dubbi di ogni genere. Per paura di una nuova storia, di rimettersi in gioco etc., uccidiamo il futuro, possibile, malcapitato nuovo partner con le nostre paure, blocchi, fobie, dividendo dolorosamente le viscere tra desiderio e rigetto. Da un lato gli si grida :”muoviti!”, “prendimi!”, dall’ altro gli si grida dietro di scappare, di lasciarci in pace, che non abbiamo bisogno di lui e così via.
Dai agli altri il meglio di te, non delle tue patologie. Ma porca troia.

giovedì 10 aprile 2008

Wishlist


L’essere umano genera continuamente desiderio, e siccome non riesce a ottenere ciò che vuole o vorrebbe, qualcuno gli suggerisce di distruggere i suoi desideri, di sopprimerli, oppure di vivere diversamente. Il desiderio non è in sè causa di dolore, piuttosto lo è il suo bisogno, generato da insoddisfazione che ne creerà a sua volta altra e così via. La sensibilità di un uomo non è una colpa, è anzi una forza. Inutile spararvi sopra a cannonate e magari aspettarsi di diventare statue di bronzo. E’ ridicolo accettare i tanti sistemi religiosi che distruggono una delle forze maggiori di un essere umano, cioè il suo desiderio. Anziché educarlo, concentrarlo, coltivarlo, gli si suggerisce pure di sopprimerlo. Effettivamente i propri desideri fanno spesso paura, ma ciò può essere un vantaggio perché l’ osservazione di sé, quella che non mette davanti tribunali morali, è sempre una ottima opportunità per acquisire consapevolezza. Questa consapevolezza, che è ciò che contribuisce a costruire il proprio senso delle cose, non può che dare giovamento.
Ciò che si desidera non accade per diverse ragioni.
Intanto sai esattamente cosa desideri o credi soltanto di saperlo? Sfronda un po’ di confusione.
Comincia a mettere i tuoi pensieri su un meraviglioso tappeto di velluto, e poi guarda che accade. Crea una piattaforma armonica su cui far camminare la mente. “Capitano tutte a me!” o “Succede sempre tutto insieme: o tutto bene o tutto male!”. Ci hai mai pensato? Desidera con certezza e lascia andare.

lunedì 7 aprile 2008

Nessuno ha la merda profumata; la merda è merda.
I sistemi provocano inerzia intorno a sé affinchè tutto sembri poter cambiare senza in realtà poterlo fare.
Anche la gioia può avere una essenza molto pesante.

Ognuno cerca nell’ altro lo splendore che non è; e questo equivoco si rigenera di generazione in generazione. Ti accontenti di te stesso e selezioni l’ altro nei minimi dettagli. Se avvenisse il contrario capiresti che, in fondo, hai parcheggiato te stesso negli altri e occupi il suolo pure abusivamente.
Sei felice del tuo pallore?
Quanto più ti imponi di dimostrare forza a te stesso, quanto più questa ti sfugge dalle vene, indomabile, come un fiume in piena incontrollata.

Per loro necessità, muoiono le idee. Se ne stanno aggrovigliate tra i capelli, come serpi, infine muoiono, della loro stessa stretta.
Nessuno ha la merda profumata; la merda è merda.

sabato 5 aprile 2008



Una verità non è che il risultato di parametri che combaciano tra loro.
Una di queste verità assunta come tale, è il cosiddetto "buonsenso"; eppure è la semplice elezione di parametri che si ripresentano con la maggiore incidenza statistica.

mercoledì 2 aprile 2008

Presente e futuro

Il tuo infinito migliore è il tempo presente. Se hai qualcosa da conservare o difendere distruggilo. Se vivi aspettandoti un amore che possa durare in eterno non stai nè vivendo nè amando, nè quell' amore arriverà. Se ami nel tuo istante, allora vivi il tuo eterno. Se progetti la tua vita nell' attesa, questa ti sfuggirà e anzi si preoccuperà di demolire queste vane speranze per precipitarti nel presente.
Chi aspetta il futuro è un dormiente e giace dimenticato a se stesso.

martedì 1 aprile 2008

Ciascuno difende, giustamente, il proprio castello e alla fine c'è sempre un gran baccano di frecce e soldati. Finchè non conviene a tutti tornare a trafficare insieme.

domenica 16 marzo 2008

Lettera ad una attrice.

Così, interpreti le tue molte strade.
Eviti il fiume prepotente che, tra esseri umani dissanguati di pensieri,
prepotente esonda sulla diga pericolante
di chi teme di spingersi in altri personaggi
che bruciano il cuore.
E così, interpreti le tue molte strade.
Mi dici che temi il tuo disordine, o di correre troppo;
eppure sai che molto più velocemente passano le bellezze che
non si guardano, non si intendono, non si sentono.
Così non ti imponi nulla, e nulla si impone a te,
perché non segui il ticchettio stridente
dell’ orologio che conta e lamenta le occasioni perse.

lunedì 10 marzo 2008

The Michael Jackson's Pop Thriller Poem



-Cantami, o Diva, della discesa terrestre di una pop star e della sua rovina. So che dalle tue braccia scivolano le anime che perdono la antica conoscenza per sprofondare sulla terra severa.
Severa è la terra ma dolci le tue raccomandazioni per il viaggio; lascia che mi nutra di queste e le porti tra i miei ricordi.

Queste istruzioni diedi:“Starai dinanzi ai mostri terrestri che sbucano morti da sottoterra. Con essi danzerai, vestito di rosso e con occhi di demone. I tuoi occhi si copriranno di giallo bilioso e le pupille diventeranno come quelle di un serpente della foresta.
La ragazza innocente che stava con te, uguale a te quando non avevi il casco del viaggio, arretrerà col suo sguardo e da lontano ti accompegnerà, mentre in silenzio osserverà la tua farsa umana, e il tuo balletto.
Ricorda che non ti diedi Paradisi né Inferni; soltanto il teatro della tua coscienza dove il Te Stesso darà vita a te stesso.
Starai tra quelle che gli esseri umani chiamano “stelle”; eppure quassù non arriveranno che gelide grida.
Starai tra quelle che gli esseri umani chiamano “richezze”; eppure quelle non ti solleveranno.
Starai in mezzo a quelle che gli esseri umani chiamano “glorie”; eppure sin quì giungeranno gli spasimi agitati delle tue galere.
Conoscerai quella che gli esseri umani chiamano “fama”; eppure sai che quì non si distingue creatura da creatura.”
Così, infatti, avviene: vivete gli uni separati dagli altri, poiché le vostre menti dividono continuamente; e dividono voi stessi. Eppure da quì siete un paese luminoso di indistinte luci sopra una morbida collina”.
Ancora gli dissi: “Quando vivrai da mostro in mezzo ai mostri, conoscerai le ingiurie umane, il giudizio e l’ idolatria sulla tua incerta carne. Chi ti giudicherà con ferocia evidentemente vedrà se stesso come un angelo; eppure tra gli angeli nessuno li conosce.
Non sarà la carne, in realtà, a lacerarti, ma il teatro sopra la carne. Ciascuno di voi vive dentro l’ altro e i tasselli di ognuno sono proprio ciò che chiamate “altri”. Gli altri sono le parti di te stesso: ciascuno di essi rappresenta il tuo modo di vivere ogni singola parte che costituisce e compone il tuo intero.”
Aggiunsi davanti al suo piccolo volto scurito dai pensieri: “conta il tuo coraggioso viaggio, e quello è il tuo miracolo. Se desideri conoscere, e per questo sacrifichi te stesso, compi il miracolo tra i miracoli.”
Io risposi:”Mi sembra folle questo oblio e un tranello inutile e sadico.”
-“Voi passate il tempo a subissarvi di domande, e sprofondate nell’ abisso ora dopo ora. Così allontanate comodamente le vostre risposte: generate centinaia di concetti per allontanarvi da voi stessi. “
-“Mi sembra strano: perché mai?”
-“Perché avete paura di voi stessi: ed avete ragione, vi dico! Se non aveste considerazione di voi nemmeno vi portereste sulla schiena, come fate, la paura di perdere qualcosa. Chi sa di possedere qualcosa teme di perderlo. Se volete conoscervi dovete dimenticarvi, e indossare fino in fondo i ruoli che avete scelto in questa farsa.”
Un gelido fiotto di saliva passò per la gola. La parola “farsa” mi disgustava profondamente.
“-Voi date importanza a ciò che fate e pensate che sia inequivocabile. I vostri gesti hanno qui lo stesso significato che gli dà uno scimpanzè che, addestrato da voi, tenta di riprodurli.”

lunedì 25 febbraio 2008

Adàm e Adamah


Questa è la traduzione del testo ebraico antico della Genesi realizzata da Igor Sibaldi per Mondadori. La traduzione adottata dalla Cei non tiene conto delle radici etimologiche di alcuni termini ebraici; ciò non farebbe nulla se non fossero termini chiave, come ad esempio aìsh e aishà, e soprattutto adàm e adamah, cioè l' uomo singolo e l' umanità intera. Buona lettura...

CAPITOLO I
Il sesto giorno

24. L’ Elohim disse: "La Terra produca un [tipo d']anima vitale che sia ciascuna secondo la sua specie: gli animali quadrupedi, che si muovono e vivono d' una vita terrestre, ciascuno secondo la sua specie". E così avvenne.
25. L’ Elohim fece gli animali della Terra ciascuno secondo la sua specie, i quadrupedi ciascuno secondo la sua specie, quando tutto il movimento vitale dell’ adamah, in ciascuno secondo la sua specie. E l’ Elohim vide che era una cosa buona.
26. Poi l’ Elohim disse:"Facciamo l' adàm nella nostra ombra, che sia simile a noi, e terrà lo scettro sui pesci del mare e sulgi uccelli del cielo, sulgi animali quadrupedi, su tutti gli animali della terra, e su tutta la vita che si muova sulla Terra".
27. L’ Elohim creò l’ adàm a sua immagine. A immagine degli Elohim li creò, maschio e femmina li creò…

CAPITOLO II
Nel giardino dell’ Eden

8. E Yhawhè Elohim traccio una recinzione (gan) nel tempo presente (eden) dell’ eternità, e vi pose quell’ adàm che aveva plasmato.
[…]
15. Yhawhè Elohim prese dunque quell’ adàm, e lo lasciò nella recinzione del tempo presente, perché l’ adàm la elaborasse e la sorvegliasse con cura.
16. E Yhawhè Elohim stabilì e disse per l’ adàm:" Di ogni sostanza che cresce in questa recinzione tu potrai nutrirti.
17. Ma del crescere della conoscenza del bene e del male non ti nutrirai tu, perché se [nel giorno che] ne mangerai, tu morirai.
18. E Yhawhè Elohim disse:"Non è bene che l' adàm sia solo, gli farò un aiuto che rifletta la sua luce".
19. E Yhawhè Elohim formò dall’ adamah varie vite di natura terrestre e varie specie di volatili dei cieli, e li conduceva all’ adàm, perché assegnasse loro il nome; e qualsiasi nome l’ adàm avesse assegnato a essi, quel nome sarebbe stato [il nome dell’]anima vitale adeguata a loro.
20. E l’ adàm aveva nomi assegnati a tutta la moltitudine dei quadrupedi e degli uccelli del cielo, a tutti gli animali terrestri; ma l’ adàm non vedeva nessuno di quegli aiuti che riflettevano la sua luce.
21. Allora Yhawhè Elohim fece scendere un torpore sull’ adàm, che si addormentò: e spezzò uno dei suoi involucri e rivestì con cura, con la forma e la bellezza di un corpo, la fragilità di esso.
22. E Yhawhè Elohim ricostituì la sostanza dell’ involucro che aveva spezzato dall’ adàm, per farne Aishà, e la condusse all’ adàm.
23. E disse l’ adàm:"Questa è sostanza della mia sostanza, e forma della mia forma", e le diede il nome di Aishà, perché dall’ aìsh era stata tolta.
24. Perciò l’ aìsh lascerà il padre e la madre e diventerà tutt’ uno con la sua Aishà, e saranno una sola cosa nella forma esteriore.
25. E l’ adàm e l’ Aishà erano completaente nudi, e non vi era nulla in loro che fosse nascosto.

CAPITOLO III

1. Il Serpente era come la veemenza, tra quegli animali della natura che Yhawhè Elohim aveva fatto: e disse all’ Aishà:"Perchè l' Elohim vi ha detto di non nutrirvi di tutta la sostanza della recinzione?".
2. E l’ Aishà disse al Serpente:"Della sostanza dei frutti della recinzione possiamo nutrirci,
3. ma del frutto della sostanza che è al centro della recinzione l’ Elohim ha detto:non potrete mangiarne, e non potete aspirarvi con la vostra anima, per paura [perchè avete paura]che vi faccia morire".
4. E il Serpente disse all’ Aishà:"non vi farà morire;
5. perché l’ Elohim sa che nel giorno in cui ne mangerete i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come l’ Elohim, nella conoscenza del bene e del male>>.
6. E l’ Aishà considerò che quella sostanza era buona per il gusto, e desiderabile per gli occhi, e piacevole come nessun’ altra, per l’ intelligenza; e prese del suo frutto e ne mangiò, e ne diede all’ aìsh che era unito a lei, ed egli ne mangiò.
7. E si aprirono i loro occhi, e seppero di essere nudi, e fecero crescere un’ ombra di tristezza [che li nascose] l’ uno dall’ altra; così essi si fecero gli abiti per il viaggio.
8. E udirono la voce di Yhawhè Elohim che veniva nella recinzione con la brezza della luce del giorno; e l’ adàm e la sua Aishà erano nascosti dinanzi al volto di Yhawhè Elohim, al centro della sostanza di recinzione.
9. E Yhawhè Elohim pronunciò il nome dell’ adàm, e gli disse:"Dove sei?"
10. Ed egli disse:"questa tua voce io l' ho udita soltanto, nella recinzione, io ho saputo che sono nudo,io sono nascosto".
11. Ed egli disse:"Chi ti ha insegnato che sei così nudo? Di certo quella sostanza di cui ti avevo detto che tu non ne avresti mangiato".
12. E l’ adàm disse:"L’ Aishà che mi hai dato come compagna mi ha dato questa sostanza, e io ne ho mangiato".
13. E Yhawhè Elohim disse all’ Aishà:"Perché l’ hai fatto?" E l’ Aishà disse:"Il Serpente mi ha fatta confondere, e io ne ho mangiato".
14. E Yhawhè Elohim disse al Serpente: "Poiché tu hai fatto questo, che tu sia maledetto in tuto il regno animale e in tutta la vita della natura. Secondo la tua tortuosità, tu agirai solo in basso e ti nutrirai della parte-soffiata-via [dei vapori, delle illusioni] della fisicità, per tutti i giorni della tua esistenza.
15. E io porrò una avversione profonda tra te e l’ Aishà, tra la tua discendenza e la sua discendenza: essa premerà sul tuo principio, e tu premerai sul suo calcagno".
16. All’ Aishà disse:"Io moltipicherò il numero di tutti i tuoi ostacoli, e dei tuoi concepimenti-concezioni: con dolori angosciosi tu genererai le tue creazioni; e verso il tuo aìsh sarà il tuo desiderio, ed egli si raffigurerà in te".
17. E all’ adàm disse:"Poiché hai dato ascolto alla voce della tua Aishà e ti sei nutrito di questa sostanza di cui ti avevo detto che non saresti stato tu nutrirtene, maledetta sarà per te l’ adamah: con angosciosi dolori tu ti nutrirai di essa in tutti i giorni delle tue vite.
18. e prodotti che pungono e prodotti incolti e disordinati germineranno in abbondanza per te, e ti nutrirai dei frutti acri e disseccati della natura.
19.In una perenne agitazione della tua mente tu ti nutrirai di questo cibo, fino a restituirti-reintegrarti alla adamah, dalla quale sei stato tratto, perché tu ne sei parte-soffiata-via [dei vapori, delle illusioni] e a ciò che ne è parte soffita via devi tornare.
20. E l’ adàm dette all’ Aishà il nome di Hewhà, perché essa fu la madre di ogni esistenza.
21. E Yhawhè Elohim fece all’ adàm e alla sua Aishà delle forme corporee, per proteggerli, e in esse li avvolse con cura.
22. E Yhawhè Elohim disse:"Ecco, l’ adàm è diventato come uno di noi [Elohim] per la conoscenza del bene e del male", e allora, per timore che stendesse ancora la mano e prendesse anche (il frutto) della sostanza delle vite, e ne mangiasse e vivesse in eterno,
23. Yhawhè Elohim lo separò da quella recinzione del tempo presente, perché lavorasse invece quella adamah dalla quale era stato preso.
24. E allontanò l’ adàm, e pose dinanzi al tempo anteriore, dinanzi alla recinzione del presente, i Kheruvim e la fiamma incandescente dell’ ardore devastante, che turbina sempre su se medesima, per custodire la via che conduce alla sostanza delle vite.

sabato 23 febbraio 2008


Quelle che senza fantasia chiamiamo "virtù", non sono che dettate dai delitti. Come un albero scosso che lascia cadere frutti ormai marci, così crediamo di sapere. Chi sa, invece, di non sapere, sa molto di più di quanto creda.

sabato 9 febbraio 2008


Le parole che nelle ore di vita pronunci in totale disattenzione, nelle ore della tua arte le rendi caratteri forgiati nel fuoco. Non ci sono enigmi da svelare, il sangue non è un gioco e il dolore non urla per scherzo: abbatti però la cecità con cui guardi a te stesso e svela con questa fiamma quello che Sei.

sabato 12 gennaio 2008

Citazione

HO CONOSCIUTO GLI UOMINI

Ho conosciuto l' amore degli uomini, ed era possessivo.
Ho conosciuto la loro amicizia, ed era sfruttamento.
Ho conosciuto il loro aiuto, ed era umiliazione.
Ho conosciuto la pietà degli uomini, ed era degnazione.
La loro protezione, ma aveva un secondo fine.
Ho conosciuto la giustizia degli uomini, ma era parziale.
La loro forza, ma era brutalità.
La loro onestà, ma era apparenza.
Ho conosciuto la fede degli uomini, ma era una prigione.
La loro filosofia, ed era cenere.
La loro scienza, ed era cecità.
Ho conosciuto la compagnia degli uomini, ma non mi riempiva.
Tutto questo ho conosciuto ed assaporato e, restandone turbato,
ho compreso di non essere morto a me stesso.

DALI

venerdì 11 gennaio 2008

Sesso e Tabù



Penso che si debba passare attraverso tutte le proprie esperienze e pulsioni servendosene come strumenti. Non amo l’ idea della perfezione come un regime totalitario che escluda tutto. Anche l’ idea di perfezione crea dipendenza, e non può, tra l’ altro, non essere altro che non una idea conseguente del senso di imperfezione.
Ad esempio, vivere il sesso come un demonio o impurità non ha fatto altro che creare patologie genitalistiche tutt’ intorno all’ argomento. Anche quando si sceglie quella strana cosa chiamata castità, la mente non fa altro che creare il paradosso opposto. Se si vive in funzione di separazioni e divisioni, non si fa altro che crearne di nuove in continuazione.
Un mio amico mi disse tempo addietro che aveva scelto per la castità per ragioni ideali, optando specificatamente per il non-toccare-femmina-alcuna. Bene; peccato che nella sua mente altro non vi fosse se non la questione del non-tocco-femmina-alcuna, rendendo alla fine spiacevoli i nostri incontri. Così organizzava incontri e serate con amici con la stessa peculiarità e via così, immerso in questa illusoria elite di infelici. Non esisteva altro se non quel pensiero.
Le separazioni creano di risposta la continua richiesta inconscia (o come dir si voglia) di ricolmare il gap, e a volte disperatamente. Se si tenta poi di sopprimerle con tutte le forze per paura o vergogna, peggio ancora. E sappiamo sgradevolmente cosa si intenda per peggio. Di contro, si verifica l’ opposto col pensiero ossessivo per la figa, ma con identiche modalità.
Non so se esista una via di mezzo, o se abbia più che altro qualche utilità. Ciascuno deve vedere da sé se ha qualche dipendenza (e anche vedere cosa intende per dipendenza…), qualche attaccamento eccessivo e, eventualmente, liberarsene. Invece di vivere la sessualità come un tabù pernicioso, credo bisognerebbe preoccuparsi di vedere se attorno a questa pulsione fondamentale e splendida della vita si sono costruiti attaccamenti, manie, morbosità. Intendo dire: possessività, genitalismo, rivalsa sull’ altro, femminismo\maschilismo e così via.
Debbo constatare che ancora oggi, duemila oltrepassato, vanno ancora di moda atavicissimi schemi. L’ Italia è sempre in prima linea, del resto. Dal prototipo Big Jim alla Costantino dovuto ad un inutile istinto materno in cerca del gorilla di famiglia forte o per redimere il maschio animale da brava mammina di famiglia, alla mega femminona bambolina possibilmente somara da tenere muta nel migliore dei casi e via così. Anzi propongo di stilare una sorta di classifica di tutte le ridicole categorie di questo genere.

domenica 6 gennaio 2008

Musica

Dentro formi un accordo armonico e la sua eco crea la tuà “realtà”, che vive e si genera in funzione e conseguenza di quell’ accordo. La realtà (intesa come l‘ insieme dei fatti, situazioni, persone e avvenimenti che circondano la tua vita) è l’ orecchio ascoltatore che risponde emotivamente all’ accordo emesso. Cosa sia poi l’ armonia per ciascuno, lo sa soltanto il cuore di chi suona.

martedì 1 gennaio 2008

Avanti e indrè

La mezzanotte del 24 Messa, la mattina del 25 pure, poi la notte di S. Silvestro e infine la mattina dell’ 1…Messa. Sempre che non vi sia stato qualcos’altro in mezzo tra il 26 e il 31, e poi si attacca con l’ Epifania. Un profluvio di spirito sotto il giogo pesantissimo di una rincorsa del Tempo, a quanto pare. Il senso del tempo non in modo “alto”, ma pedissequo, scolastico e schiavo del ticchettio dell’ orologio.
Non credo che una religione debba coltivare tanto l’ ossessione del tempo: invece di guarire dallo Ieri e dal Domani, non fa che rafforzare il sogno miseramente umano del tempo e allontare dal Sé come un razzo schizzato a tutta velocità. In altre parole: la paura di viversi. No?