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lunedì 28 marzo 2011

Ho provato tante volte a scomporre, rovinare, annullare il mio lavoro. Constato con piacere, però, che è persino più forte di me. A ciascuno la propria attitudine; tante volte mi è stato chiesto da persone più o meno importanti di rendere più ruffiano il mio lavoro. Dirò che ci ho anche provato. Penso anche che ci sia una volontà sincera di rendere fruibili certi dipinti o quadri. Ma non riesco a comunicare qualcosa di filtrato, che sfugga a certe urgenze comunicative. E poi non ho l' orgoglio di chi crede di avere qualcosa da insegnare, per cui deve in qualche modo produrne un adattamento per qualcuno che altrimenti non capirebbe (o non comprerebbe). E poi non è certo con gli adattamenti che si "fa la storia". Non ci sono vulgate, qui. Anzi, con rammarico oggi si cerca un linguaggio acritico, allineato alla vulgata, alle chiese correnti, alle street arts che sono solo espressioni allo stato embrionale di animi incapaci di reagire, di comunicare per davvero, illudendosi di farlo. Quel finto antagonismo di barbette e giubbini griffati contro lo stesso sistema di cose che gli suggerisce cosa fare. Ma ve lo immaginate Blake con una bomboletta in mano col codino a cipolla e pantaloni larghi saltare sul furgoncino in cerca di un muro per fingere di non farsi scovare dalle autorità?
Per questa non manipolabilità psicologica si incontrano così tante volte problemi. In particolare certi operatori che lavorano per ormoni, tipicamente "maschi", comandanti del nulla, spesso incapaci di esprimersi in un italiano corretto (o esprimersi del tutto).
Non sopportano i no, devono comandare. Ti sbattono in faccia denaro contante, sonante. Neppura allora riescono. Allora cominciano a parlare male di te a livello personale, che è l' unico modo che gli resta di sentirsi padroni. Ma tutto ciò è così di basso profilo in confronto a ciò che un artista vive dentro di sé, alle altezze che può raggiungere. E, soprattutto, è sempre il lavoro ad avere la meglio, svoltato l' angolo. Il lavoro vince sempre, sempre, sempre.
Poi rigetto gli atteggiamenti dimessi, deboli, pauperisti. L' umiltà che è solo paura, prostrazione. Cultura è ricchezza, prosperità, positività, coraggio. Presentare progetti per la società, condividerli con i diversi operatori. Per questo non ci si può accontentare degli arrangiamenti. Una cosa è ascoltare suggerimenti, consigli, questo sempre. Ma obbedire al proprio lavoro significa anche capirne il valore profondo e capire che può attraversare dei momenti contraddittori. Serve essere profondamente liberi, camminare con amore incondizionato sul proprio cornicione, ed essere ciò che si dice. Tutti sono capaci di dire.

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