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venerdì 21 gennaio 2011

Non riesco più a seguire nulla di contemporaneo, a partire dai libri; troppe parole, troppi artifici, troppe costruzioni, troppa vanità verso se stessi. Leggo solo classici. Mi hanno sonoramente rotto le palle tutti questi professionisti dei drammi umani, dei casi particolari, delle violenze, gli esperti della psicanalisi, i commiseranti e i commiserandi.
Nemmeno riesco ad ascoltare più musica con parole; queste mi disturbano, le trovo invasive. Non si canta per parlare, non si scrive per parlare.
Un autore deve nascondersi dietro il proprio lavoro; deve raccontare qualcosa. Ma deve farlo per davvero, e per questo deve sparire. Deve sparire la stupidità della sua gioventù, degli ideali. Per raccontare deve ascoltare, prima. Stare in silenzio, disporsi, rendersi disponibile. Non è l' autore a raccontare la storia; egli è solo il primo auditore. Tutto ciò che aggiunge di sé è solo violenza stilistica, prepotenza.

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