L'ego, per morire, deve prima fruttificare: non morirà, infatti, prima di nascere.
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domenica 28 dicembre 2008
Lascia andare.
L'ego, per morire, deve prima fruttificare: non morirà, infatti, prima di nascere.
martedì 16 dicembre 2008
Questo meccanismo del "fare" in senso stretto può finire paradossalmente per ingigantire la stessa percezione illusoria della distanza dallo spirito. Quindi non vi si accederà mai!
Noi sviluppiamo pertanto una saggezza ipotetica e non consapevole; e intanto il nostro corpo grida e si agita come un bebè affamato e disperato.
Chi si accorge di questo bebè, o si rifugia e si autocensura in un pratico massacro prostatico di penitenze e secche infelicità e insoddisfazioni (fintanto che non nuoce a qualcunaltro) o asseconda ogni sorta di impulso e pensiero indiscriminatamente oltre ogni discernimento facendo di quegli impulsi il vero cocchiere della propria vita, vivendo nella confusione e nella continua ricerca di autogiustificazioni.
"Scegliete la via stretta!", ma anche "Misericordia voglio, non sacrificio". Allacciati! Ma no, slacciati. Ma cosa si deve seguire?
Colui che realizza se stesso, non realizza in realtà questo se stesso come una identità esclusiva, ma si realizza all' interno di una totalità consapevolemte percepita. Non c'è traccia di lotta nel vincente; chi ha visto mai un condottiero che, dopo aver vinto la sua battaglia, si perde in altri inutili combattimenti, infierendo su un cadavere già gelido? Chi realizza la propria beatitudine infatti non ha da lottare o da sforzarsi come un cavallo ed anzi più lo farà e più questa bestia sarà indomabile. Non ci sarà lotta, poichè nella sua armonia raggiunta, nella sua età dell' oro, vivrà già naturalmente sotto le nuove frequenze.
Cerca la felicità e la beatitudine, e saranno i tuoi insegnanti. Il primo movimento dello spirito è verso la felicità.
Due link utili, accompagnati da discernimento:
http://lostregonediassisi.blogspot.com/
http://www.guruji.it/marmorto.htm da cui scaricare il file "floppy.zip"
domenica 14 dicembre 2008
Eppure non c'è nessuna fuga da compiere, nè abbandonerai casa tua in tutta fretta. Dovrai soltanto capire le tue forze viscerali e ricondurle alle dovute altezze. Non dovrai isolarti su un monte sperduto, nè fuggire terrorizzato coprendoti la vista: togli il grumo dagli occhi e fai erompere il cuore, saldo il timone al centro del ventre. Respira estatico: dimenticati e poi ricordati, cioè togli la polvere. Forse pensi che un complesso discorso ti eleverà, ma così aggiungerai te stesso alle cose, o alla stessa credenze verso le cose. Così non vedrai nulla e arido resterà il cuore: nessuno da te trarrà forza o sentimento sufficiente, e nulla potrai comunicare, poichè vedrai solo te stesso. Quando ti scavalcherai e perderai, ti sarai trovato veramente.
venerdì 12 dicembre 2008
Le conoscenze non fisse, ondivaghe, le presenze saltuarie, occasionali, spesso riflettono i desideri latenti, inesplosi. Così il mondo è uno specchio e riproduce la risonanza dei tuoi movimenti interni.
Ascolta anche ciò che non vorresti, nella tua vita, o che non gradisci e ti sembra piombato come una ingiustizia.
In qualunque sistema però tu voglia infilarti, passa sempre dal cuore come unico portone d' accesso.
Alone.
Sei molto più bella di quanto voglia dare a credere a te stessa.
Una cascata morbida e dolce di capelli ti circonda il viso.
Questo viso oggi ospita le righe di gioia, domani di dolore profondo...ma stai sempre dentro
il magico alone della tua serena bellezza.
mercoledì 10 dicembre 2008
Sì(i)
Prendi e lascia, prendi e lascia andare. Quando non trattieni per te nulla, tutto sgorga nel cuore e la memoria è dorata. Sii curioso e gioca, piangi, non ti trattenere. Se hai uno scopo, sii severo ma non crudo, pretendilo da te stesso e da nessun altro; le circostanze che incontri sono maestre e sono risultanti: osservale, testimoniale, non lasciare che ti si aggrappino fino a perdere in significato.
Vivi in risonanza, curati.
Sii capace di maturare una gioia che ti percorra la spina vertebrale e ti trasporti su un livello nuovo. Insisti, investi su te stesso. Non cercare, sii.
sabato 6 dicembre 2008
domenica 9 novembre 2008
venerdì 7 novembre 2008
mercoledì 5 novembre 2008
sabato 1 novembre 2008
martedì 28 ottobre 2008
si spiegavano in punte di fuoco,
splendevano in parole, per ricadere in una cupa calma.
"Ho i nervi a pezzi stasera. Sì, a pezzi, resta con me.
Parlami. Perchè non parli mai? Parla.
A cosa stai pensando? Pensando a cosa? A cosa?
Non lo so mai a cosa stai pensando. Pensa."
Penso che siamo nel vicolo dei topi
dove i morti hanno perso le ossa
"Cos'è quel rumore?"
Il vento sotto la porta.
"E ora cos'è quel rumore? Che sta facendo il vento?"
Niente ancora niente.
"E non sai
Niente? Non vedi niente? Non ricordi
Niente?"
Ricordo
Quelle sono le perle che furono i suoi occhi.
"Sei vivo, o no? Non hai niente
nella testa?
Ma
O O O O that Shakesperian Rag...
Così elegante
Così intelligente
"Che farò ora? Che farò?
"Uscirò fuori così come sono; camminerò per la strada
"Coi miei capelli sciolti, così. Cosa faremo domani?
"Cosa faremo mai?"
L' acqua calda alle dieci.
E se piove, un' automobile chiusa alle quattro.
E giocheremo una partita a scacchi,
premendoci gli occhi senza palpebre, in attesa che bussino alla porta
(...)
Thomas Stearns Eliot
venerdì 17 ottobre 2008
giovedì 16 ottobre 2008
Tredici novembre.
Spire.
E' grande, la città.
sabato 4 ottobre 2008
martedì 30 settembre 2008
La lampada.
Pensare di avere il controllo totale su di sè è pure illusorio, e pretestuoso. Fomenta l' ego, quello che continuamente costruisce trabocchetti e false deviazioni, inoltre non appartiene alla conoscenza la volontà di comandare, indirizzare.
Continuamente la vita si preoccupa di smentire quanto predichi, poichè non è con il possesso che si "ha". Avere ed essere sono una cosa sola quando si cerca in sincerità.
lunedì 29 settembre 2008
venerdì 26 settembre 2008
Sete.
Agire secondo la propria coscienza non significa, come qualcuno già sospetterà, non averla; significa VEDERE cosa intende la propria e osservarne intento, intenzione, intendimento. E' congeniale e frequente "produrre" delle sensazioni brevi di relativa intensità, così che non si vada troppo a fondo in se stessi, poichè lì si sta molto scomodi, almeno apparentemente. Ma una vita interiore deve affondare le proprie radici, ancorarsi agli strati più profondi e da lì nutrire i suoi frutti. Così i desideri sono un ottimo strumento per non pre-vedersi, poichè la loro contraddittorietà, se acettata e indagata con franchezza, consente di far affiorare gli elementi scatenanti, che portano messaggi chiari e individuali.
giovedì 11 settembre 2008
Qui vult et qui non vult
Tao
Così per gli esseri umani arriva troppo presto la stagione del disincanto, che da quel tocco di malinconia tanto affascinante (?) quanto inutile e non richiesto. Ma si sa che agli uomini piace autocommiserarsi e piagnucolare.
L'amore dei parenti.
Meno.
Amare è Equilibrio, non equilibrismo.
Amare è Pace della pura percezione di essere. I conflitti sono segnali di mancanza di Amore. (A.Pangos)
Tutto ciò che avviene nella mente, avviene. In base alla idea interiore di passione, questa si svilupperà conseguentemente nella propria vita. Se giudichi qualcosa come passione, di certo si spegnerà, perchè avrai già giudicato i tuoi sentimenti, e questi si svincoleranno presto o tardi. Il senso di vuoto siamo noi, non è la passione. E' la sconfitta del proprio giudizio. O si aggiungono le parole o si aggiungono i sentimenti.
venerdì 29 agosto 2008
E'
Dedicato a M.
giovedì 28 agosto 2008
E no.
martedì 26 agosto 2008
Critiche al comportamento nell' ora dello spuntino.
sabato 23 agosto 2008
Ma no.
martedì 12 agosto 2008
Silenzio.
venerdì 11 luglio 2008
Caro Queneau.
Il giornalista.
I tre si siedono tutt’ intorno al tavolo. Il primo inconveniente è un ventilatore molto grande posto proprio dietro la schiena di uno dei tre. Per fortuna questi indossava una giacca! Ma, come accennato, non è l’ unica disavventura della serata, perché proprio la cena si rivela il problema più grande. Ordinano tre menu vegetariani, e si accorgono presto che, nonostante la buona qualità del cibo, mangiare scodelle piene di ceci e piselli in cui immergere il riso non agevola di certo la comunicazione, e il ritorno a casa si rivela così un vero disastro gastrico.
Il Romano.
Dopo che me so’ squagliato tutto er giorno in giro per la città sotto ‘st’ afa, me ritrovo ‘sto ventilatore puntato come ‘na pistola s’a schiena mia. Li mortacci loro; già me devono ringrazià che vengo in ‘sti posti indiani a magnà, che me sacrifico l’ anima a rinuncià a un ber piatto de maccaroni. Aoh, sai che c’è? Dopo che me ‘nturgido la colonna vertebbrale, ordinamo tre menu veggetariani per assecondà la ragazza mia, che non magna carne. Li mortacci loro, ceci e piselli a sfondà la panza. Ma che è, c’hanno pure gli indiani i ceci alla scoreggiona? ‘Nsomma, nun ve dico che è successo quanno so’ sprofondato ner sedile della macchina mia tornando verso casa. Mortacci sua.
Verbale della polizia.
I tre si sedevano sul tavolo del ristorante. Sceglievano un tavolo proprio vicino a un grande ventilatore di forma sferica. Decidevano di ordinare un menu vegetariano cadauno, lamentando successivamente problemi gastrici di varia natura, in quanto tali menu prevedevano un ingente utilizzo di ingredienti altamente digestivi come piselli e ceci. Dopo aver regolarmente provveduto a saldare il loro conto, rientravano a casa in preda a sospetti spasmi colitici.
Manager milanese.
Siamo seduti come in una joint session intorno al table. Appena appoggiamo il boffice, parte a manetta il ventilatore che sembravano gli Alisei. Già mi devo sorbire le cene indiane per lavoro, figuriamoci aggiungendo tutta quella air sulla schiena (tra l’ altro). Insomma ci sediamo, arriva il camarero dopo mezz’ ora e ordiniamo tre menu vegetariani, visto che alla mia girl non piace la carne (da mangiare). Uè, l’ avessimo mai fatto. Come tre bamba siamo ignari del fatto che nel menu non ci sono mica foglie d’ insalata e ti saluto, ma una vascata di ceci e piselli. Vaca logia, potete immaginare quale altra air abbiamo affrontato una volta tornati alla maison.
Il depresso.
Ogni volta la stessa storia; quando vado a mangiare fuori mi succedono sempre le cose più strambe. Non so che farci, forse non dovrei uscire di casa, a questo punto. Me lo sentivo proprio che avrei dovuto trovare una scusa. Il primo problema, infatti, è un bel ventilatore puntato dietro la schiena. Di chi è la schiena? Mia, naturalmente! Di chi, altrimenti? Così, mentre si congelano le viscere, mangio ciò che abbiamo ordinato tutti e tre. E qui arriva l’ altro grande problema: abbiamo infatti ordinato tre menu vegetariani a base di ceci e piselli! Ma si può essere più sprovveduti?? E io che me lo sentivo, di ordinare qualcosa di diverso! Niente, non do più retta nemmeno a me stesso, ormai. Così me lo sono meritato, quel gorgoglio stomacale per tutta la sera ed anche stamattina, e chissà per quanto ancora.
Il critico d’ arte milanese.
Si badi: qualcuno potrà pensare che un menu vegetariano a base di ceci e piselli corrisponda, nell’ immaginario collettivo, alla cattiva creanza di sorbire un pasto italico a base di versi e rumori. Nell’ intenzione specifica dei commensali, significava riappropriarsi del significato arcaico del legume; viene presto in mente “Il mangiatore di fagioli” del Carracci. Il tutto da non consumarsi in una comune osteria italiana, bensì in un più internazionale ristorante italiano. E’ un chiaro segnale dell’ intenzionale rottura degli schemi classici, portati financo alla stessa cena, al pasto, elemento tanto caro alla cultura nostrana. E si badi che qui si va anche ben oltre la mera intenzione. Poco importa il tornare a casa in preda a spasmi colitici, probabilmente meteoritici! Elemento ulteriore, semmai, di rottura, di spaccatura.
Fantozzi.
Dopo una intera giornata tascorsa a quaranta gradi all’ ombra, Fantozzi fu costretto a una cena aziendale in un ristorante indiano. Questo era vuoto, ma l ‘inserviente costrinse la tavolata in un angolo disgraziato, e Fantozzi si trovò davanti a un agghiacciante ventilatore di tre metri di diametro perfettamente funzionante. Quando cominciò a perdere la percezione delle vertebre, riuscì a ordinare ciò che presero anche gli altri: per assecondare la figlia del megadirettore, chiesero tre menu vegetariani. Fantozzi capì presto che per “vegetariano” intendevano del riso immerso in una devastante ciotola di piselli e ceci in grado di distruggere lo stomaco di un toro. Al grido di “Fantozzi, mangi” del ragionier Filini, divorò il tutto in una quindicina di secondi, oramai in preda a paralisi vertebrale dovuta all’ immane ventilatore alle sue misere spalle. Alla terza cucchiaiata, prese ad avere delle visioni e si accorse della presenza di S. Pietro sulla testa di Filini. All’ arrivo del mostruoso conto da pagare, Fantozzi riprese lentamente conoscenza e corse fuori. Emerse così dal suo corpo un leggendario rutto megagalattico che udirono in tutti gli isolati; qualcuno sospettò che fossero le trombe del giudizio universale.
Dedicato a C.A.
giovedì 10 luglio 2008
Canto nero.
mercoledì 2 luglio 2008
la pancia psicosomatica.
sabato 28 giugno 2008
Ti dai.
giovedì 26 giugno 2008
La mia intervista su www.arsprima.it
La pittura è parte di me, ha iniziato a maturare
con me e vive di tutte quelle contraddizioni,
di cui, paradossalmente, vado molto fiero nonostante
il mercato e le mie frequentazioni abbiano tentato
di farmele vivere come una colpa.
Partiamo dai tuoi esordi...
Nei tuoi quadri esiste un forte citazionismo, ma questo non pare volto a metterti in linea con una certa tradizione, quanto piuttosto all'attribuzione di un significato che è altro.
Proprio così: mi servo della citazione, facendola obbedire, in realtà, ad altri significati.
Quando prendo una "porzione" di un quadro antico, la trasporto letteralmente su un altro piano,
le do un altro sfondo e altri personaggi e, così facendo, un significato diverso. Anche da un
punto di vista formale modifico il tutto: il rapporto delle proporzioni, il disegno, i colori.
C'è un lavoro di costruzione e decostruzione del significato originario, un tentativo di
sgrammaticare la forma originaria.
Cosa intendi per "sgrammaticare" l'immagine?
Si tratta di toglierle il significato eventuale, specialmente le accezioni di massa, e spogliarla
da riferimenti ad essa esterni. C' è un passaggio graduale da un'impronta iniziale ad una finale
che però non è detto che sia quella definitiva. Mi piace l'idea che l'immagine sia completamente
in essere, che sia continuamente modificabile, anche mentalmente. E' questo che produce il mio lavoro: una mobilità mentale per cambiare continuamente punti di riferimento, sensazioni.
L'uso del figurativo e, più precisamente, del "personaggio" sia esso celebre (politico, supereroe, artista) e non, ad esempio le fanciulle raffigurate in Cast(ing), non pare di critica sociale, quanto piuttosto di osservazione di una determinata realtà e di comunicazione di un proprio punto di vista.
Come si coniugano queste due componenti sociale e personale?
Con il motto "essere nel mondo ma non del mondo".
C'è una forte dimensione super partes, allora ...
Fa parte del mio percorso di indipendenza: per quanto questa sia illusoria è anche necessaria. E'
una sorta di proiezione di emancipazione, di uscita da quella illusione ottica che poi è intrecciata
a illusioni mentali.
C'è in altri termini una necessità di essere super partes per poter liberamente
percepire l'immagine originaria e poterla "sgrammaticare".
Sì, nel momento in cui io mi distacco da me stesso, rinuncio a quella serie di valori che io per primo avevo attribuito, un po' per abitudine, un po' per convenienza. E' sicuramente un lavoro di eliminazione dell'ego.
Quale volontà comunicativa si nasconde dietro queste istanze?
E' una comunicazione del sé, per sé ed in sé. Senza complicare eccessivamente le cose, esiste una esigenza comunicativa rivolta allo spezzettare vecchi significati, vecchie simbologie e portarle verso qualcosa di diverso, più contestuale al quadro. Quello per cui mi adopero, nei lavori, è trovare un gioco formale su più livelli e dimensioni pittoriche. Le figure si stagliano nei loro giochi tecnici grazie alla pittura ad olio, su uno sfondo diverso, isolato, con dei segni anche a pennarello e allontanati da varie velature, ad acrilico.
Questo crea, appunto, un dislivello sia fisico che mentale che permette l'inserzione di diversi registri all' interno della composizione. Si crea, così, una sorta di piccolo shock, enfatizzato da un uso "consapevole" del colore.
Cosa intendi per consapevole?
Per consapevole intendo intenzionale, cioè mi servo dei colori come di una medicina curativa, conscio delle proprietà diverse ed intrinseche che ognuno di essi ha e del fatto che sono tutti in grado di incidere direttamente sulla psiche e sul fisico dello spettatore. Il quadro ha per me una dimensione che acquista, man mano che passa il tempo, una consapevolezza terapeutica e curativa per l'essere umano.
Curativa per il fruitore o per il creatore del quadro?
Fruitore e creatore concorrono alla medesima azione di addizione e sottrazione conscia o inconscia del significato del quadro. C'è di fatto una comunicazione sottile tra l'artista e lo spettatore. Si crea una sorta di elettricità statica tra chi fa e chi guarda, che è può portare sia ad un'idea comune che a qualcosa di totalmente diverso.
Come se il senso dell'opera fosse costruito attraverso un duplice canale:
la ricerca dell'artista e l'indagine che lo spettatore compie inconsciamente nel momento dell'osservazione.
Assolutamente. I due momenti nascono separatamente perché sono diversi, però confluiscono: quando il lavoro esce dalle quattro mura dello studio, incontra sensibilità diverse per cui avrà consenso, dissenso o entrambe le cose in maniera parziale. L'opera nasce con questa consapevolezza: quando uscirà dallo studio andrà ad incrociare sensibilità diverse da quelle di chi l' ha fatta materialmente. Lavorare con questa consapevolezza dà input diversi.
Il titolo diviene allora fondamentale.
Ah, sì, quello è basilare, anche se mi riesce sempre più difficile, tra l'altro: a volte rinuncio anche
per settimane a darne uno! Il titolo dà delle coordinate su cui muoversi, un contesto in cui inserire il lavoro. Il precedente processo di eliminazione del contesto tradizionale, complica la scelta del titolo esatto.
Quali immagini colpiscono maggiormente la tua sensibilità?
Le immagini rispondono sempre ad un certo tipo di chiaroscuro, di distribuzione delle masse di colore: è questo quello che mi interessa. E' come se, con la visione dell'immagine iniziale, si formasse un'impronta, che poi verrà progressivamente metabolizzata e trasformata anche attraverso passaggi più astratti. Parto da un tratto molto preciso, definito anche a penna bic sulla tela, poi lo "scarnifico", grazie soprattutto alle proprietà dell'olio che ha la caratteristica di poter giocare con lo spessore, le sfumature.
Qual è il ruolo dell'artista in questa società?
Il ruolo dell'artista in questa società è quello di cercare se stesso e la propria soggettività, cioè il
non darsi dei ruoli predefiniti. Questo non significa che l'artista debba smettere di "porsi delle domande".
Un sistema non può essere negativo di per se stesso, tanto meno un sistema dell' arte, perché l'arte esprime l'uomo. Certamente la mia generazione soffre di pigrizia ed inerzia, per cui la statica situazione attuale è...quella che si merita! Si può parlare per ore delle gallerie, o dei critici; si possono attribuire colpe arbitrariamente, ma alla fine un sistema è la risultante esatta di una specifica attitudine mentale.
Le doti tecniche non mancano a noi giovani artisti, ma finché la mentalità sarà così passiva ed inerte (intendo quando c'è, perché tante volte sembra di avere di fronte uno spazio cerebrale cavo) sarà impossibile che si crei un sistema differente da questo. Il rispetto va meritato, non solo preteso come diritto naturale.
Ricordati.
Così, praticare ad esempio il ricordo del sogno (o sogno lucido) significa sviluppare la capacità di portare alla lucidità i sommovimenti interni. Tutto avviene, infatti, al di là di un eventuale e possibile tracollo personale, privato. Le cose danzano e partecipano e non si possono strozzare. Puoi rimandarle, e vivere fingendo di vivere. Una cosa è vivere senza identificarsi in nulla e godere del flusso di tutte le cose che passano, un' altra è scansarle fingendo che non facciano male, o godere. Vivere è un atto semplice e drammatico. Spesso è un atto coercitivo, e tutta quella resistenza cui le si oppone disperatamente alimenta mostri, che al nostro sforzo ne contrappongono uno molto maggiore.
mercoledì 18 giugno 2008
Caino e Abele.
Gli Etruschi amavano decorare le pareti con dei motivi a scacchiera; per loro la vita era, appunto, una scacchiera di alternanza di elementi contrapposti dentro un ordine cosmico divino, dualistico, un vero reticolo su cui costruire il senso delle cose.
Questa è una visione più “complessiva”, ma anche più distaccata. Sembrerebbe che la dualità sia qualcosa di cui prendere semplicemente coscienza, e inserita in una ottica a largo raggio; anzi la scacchiera potrebbe, in fondo, proseguire all’ infinito senza che vi sia in fondo la necessità di terminarla, con una nota quasi di fatalismo. Nella visione del vangelo apocrifo si tende più a cercare di equilibrare gli elementi, con uno sforzo spiritualmente attivo a fondere due parti in una. Anzi si spinge affinchè si lascino emergere dal profondo tutti gli elementi costitutivi di un individuo; si ricorderà infatti l’ espressione:”sarà portato alla luce tutto ciò che viene tenuto nascosto”. Così come penso alla frase: “e i due faranno del corpo una cosa sola e lasceranno la casa del padre e della madre”, che ha lo stesso medesimo senso se letto in questa chiave. Una ricerca spregiudicata di sincerità direi “intestina”, che ricorda da vicino certe pratiche di “rebirthing”. Trovo bellissimo come, in realtà, la mistica che emerge da questo Vangelo (e dagli apocrifi in generale, bisogna dirlo) sia volta a non considerarsi separati dal cielo, ma a realizzare il cielo sulla terra. Sei immerso nella terra; non dimenticarlo, non scappare, non fingere di essere altro da te. Realizza piuttosto una completezza interiore, equilibra tutto te stesso, fondi il sé inferiore con il Sé Superiore , che deve emergere da questa voragine.
Tornando agli Etruschi, i rituali sacri ed esoterici pare avvenissero tramite sacerdoti preposti che con una mano posta sul capo chiudevano il contatto con il cielo (rappresentato dalla parte superiore del cranio), e con l’ altra si sintonizzavano con le energie emanate, secondo il loro punto di vista, dal terreno, dal basso.
mercoledì 11 giugno 2008
Il calamaro gigante.
mercoledì 4 giugno 2008
Professionisti del cuore d' oro.
C’è chi vive singhiozzando, chi piangendo, infine chi pensa di esportare il proprio benessere lontano, molto lontano da sé. In un posto molto lontano dal cuore, sciorina la propria lezione di vita in posti lontanissimi, dove non vi sono persone troppo simili a sé. Il dolore umano non trasloca: non è che sia maggiore da una parte e minore da un’ altra; troppo difficile calcolare le sue forme, i suoi modi di manifestarsi. Ma quando serpeggia vicino, troppo vicino per essere guardato negli occhi, allora è meglio partire, è meglio andare alla missione, più lontano possibile da casa, dalle abitudini, dai familiari. Urla troppo, il dolore, a casa propria; meglio farsi professionisti del sollievo.
giovedì 22 maggio 2008
martedì 20 maggio 2008
Realizza
lunedì 19 maggio 2008
Risultato
sei ciò che vuoi essere,
ma anche ciò che non vuoi essere.
La corrente non distingue se stessa e non si divide,
segue gli ordini del vento.
Sei il letto del fiume,
e la corrente,
e pure la spinta stessa della corrente;
sii il consapevole padrone.
Tutte le cose sono orfane gelate di consapevolezza.
Germi
Se il desiderio lo combatti, sarà un cancro per la mente e continuamente quello sobbalzerà dal profondo, magari all' improvviso, e sarà ostile alla tua vita.
Se deciderai di accompagnarlo, e di comprenderlo, esso ti sarà servitore fedele e cambierà anche nome pur di seguirti.
Lo sforzo
domenica 4 maggio 2008
Gli altri fardelli.
Il rancore è una miseria sfogata addosso agli altri, nell' illusione di scaricare il nostro fardello su di essi. Tanto per essere ancora più miserabile, si sfoga sempre su quelli che riteniamo essere più deboli e sottoposti. Questi "altri" sembra vivano in un posto lontano, proprio come una discarica abusiva, invece finanche le loro viscere risuonano dentro le nostre, e il dolore degli altri è il dolore tuo e di tutti.
sabato 3 maggio 2008
mercoledì 30 aprile 2008
lunedì 28 aprile 2008
A proposito del cuore di pietra
Era il 1998 o '99 quando su commissione realizzai una tela raffigurante il Battesimo di Gesù. Dopo aver sostato per diversi mesi in una sorta di limbo parrocchiale, il sacerdote infine si convinse a lasciarmi questa gravosa responsabilità. Fatto sta che dopo aver terminato il lavoro cominciarono altri problemi. Subito mi fu ordinato di mettere attaccaglie provvisorie alla tela, di modo che il prete avrebbe potuto togliere il quadro dal muro in qualunque momento. Parole testuali. Qualora avesse stabilito che si trattava di un quadro peccaminoso o lesivo della dottrina, lo avrebbe potuto facilmente eliminare alla vista. Questo tanto per mettere le mani avanti e coprirmi anche d' amore, già che c'era. Nonostante questa diffidenza a suon di sberle, il quadro piacque molto ai parrocchiani, tanto che, molto contenti del lavoro, decisero di chiedermi ufficiosamente la affrescatura di tutta la Chiesa. Potete immaginare ciò che ne seguì. Oltre a un nuovo interminabile giro di limbo, mi fu detto che bisognava attendere il parere della Curia, parere che non arrivò mai più. Chissà poi che avrebbe mai cambiato questo parere? Feci in tempo anche a traslocare dal paesello.
Oggi i muri della Chiesa sono rimasti vuoti (all' esterno un bel giallo canarino a impreziosire il tutto).
Iniziai a non sopportare questo: oltre alla più classica burocrazia dei sentimenti, il terrore strisciante nel fare qualcosa di nuovo, di "diverso" (capirai!). Un terrore latente che però teneva tutti in scacco, senza motivo, per congelare ogni cosa in uno stato di totale innocuità.
A tutt'oggi i muri della chiesetta sono rimasti vuoti, bianchi e gelidi.
venerdì 25 aprile 2008
giovedì 24 aprile 2008
Anche il pittore deve essere ben attento e conscio di questo aspetto, e non può vendere ad altri la sua distrazione, il suo svago, il suo ozio giovanile. Un pittore deve essere conscio di vendere un gioiello; anzi più di un gioiello, una parte di sé, se non tutto se stesso. Così il quadro si carica di questa impronta, perché l’ autore deve sapere visceralmente di accompagnare l’ acquirente o lo spettatore nei suoi aspetti più profondi e dignitosi. Non un muro, non un divano, non la copertina di un disco.
Il dolore è un momento importante per prendere coscienza di sé. Sebbene sia lo strumento preponderante per la crescita di un uomo, non è una legge di per sé. E l’ uomo che vive, per dirla alla Gurdjieff, in un modo che sia il fattore scatenante principale della sua presa di (auto)coscienza, in quanto vive ora dopo ora in uno stato di sonno sapientemente organizzato e sviluppato.
Certamente il dolore è un elemento di rottura, la rottura di una diga che fino a quel momento tentava miseramente di resistere agli urti dell’ acqua. E’ il partigiano dormiente che incorre in extremis nella vita politica.
venerdì 18 aprile 2008
Unbelievable...faith.
Siamo il risultato del nostro pensiero; per me lo sforzo creativo, che chiamo “volontà prima”, è la più grande forza presente in un uomo, per quanto questi se ne serva più o meno coscientemente.
Cos’è questa forza di volontà, o sforzo di volontà? E’ la capacità di filtrare i segnali delle realtà circostanti (v.figura), indirizzandole intenzionalmente al servizio del proprio percorso di vita. Vedo la realtà circostante non come “una”, ma come la risultante statistica di sfaccettature che direi infinite. L’ abilità di un uomo sta nel risvegliare questa capacità creativa, che è pressochè latente, prendendo possesso intellettuale della propria vita. Egli dovrà prima liberarsi, più o meno gradualmente, dei blocchi emotivi che sono dei veri e propri giri di boa. Non intendo naturalmente la capacità di articolare un pensiero e attaccargli fronzoli tanto da farlo sembrare “complicato”. “Complesso” e “complicato” sono due cose ben diverse.Un uomo emette continuamente pensiero, e in base alla consapevolezza di cui se ne serve, sviluppa la capacità di subordinare la propria vita alle esigenze cosiddette interiori, giacchè penso fermamente che il pensiero condizioni la realtà concretamente, fisicamente. Questa forza pensiero va quindi liberata e manifestata affinchè se ne prenda possesso e si assecondi una sorta di intento creativo nei riguardi della realtà. Oltre le griglie riduttive di positivo e negativo, buono e cattivo, cancellando e ricostruendo continuamente. Il desiderio è il motore principale, la linfa vitale. Io lo vedo ripartito in questa maniera: nella fronte, nel cuore, nello stomaco. Nella fronte risiede il potere di codifica della intenzionalità, cioè di “elaborazione dei dati” e riordino di questi. Nel cuore risiede una intenzionalità emotiva, scaturita dalla sfera emozionale individuale. Nello stomaco risiede una intenzionalità sensibile, collegata alla difesa di sé e alla sfera degli istinti umani.
lunedì 14 aprile 2008
Patterns
Dai agli altri il meglio di te, non delle tue patologie. Ma porca troia.
giovedì 10 aprile 2008
Wishlist
L’essere umano genera continuamente desiderio, e siccome non riesce a ottenere ciò che vuole o vorrebbe, qualcuno gli suggerisce di distruggere i suoi desideri, di sopprimerli, oppure di vivere diversamente. Il desiderio non è in sè causa di dolore, piuttosto lo è il suo bisogno, generato da insoddisfazione che ne creerà a sua volta altra e così via. La sensibilità di un uomo non è una colpa, è anzi una forza. Inutile spararvi sopra a cannonate e magari aspettarsi di diventare statue di bronzo. E’ ridicolo accettare i tanti sistemi religiosi che distruggono una delle forze maggiori di un essere umano, cioè il suo desiderio. Anziché educarlo, concentrarlo, coltivarlo, gli si suggerisce pure di sopprimerlo. Effettivamente i propri desideri fanno spesso paura, ma ciò può essere un vantaggio perché l’ osservazione di sé, quella che non mette davanti tribunali morali, è sempre una ottima opportunità per acquisire consapevolezza. Questa consapevolezza, che è ciò che contribuisce a costruire il proprio senso delle cose, non può che dare giovamento.
Ciò che si desidera non accade per diverse ragioni.
Intanto sai esattamente cosa desideri o credi soltanto di saperlo? Sfronda un po’ di confusione.
Comincia a mettere i tuoi pensieri su un meraviglioso tappeto di velluto, e poi guarda che accade. Crea una piattaforma armonica su cui far camminare la mente. “Capitano tutte a me!” o “Succede sempre tutto insieme: o tutto bene o tutto male!”. Ci hai mai pensato? Desidera con certezza e lascia andare.
lunedì 7 aprile 2008
Ognuno cerca nell’ altro lo splendore che non è; e questo equivoco si rigenera di generazione in generazione. Ti accontenti di te stesso e selezioni l’ altro nei minimi dettagli. Se avvenisse il contrario capiresti che, in fondo, hai parcheggiato te stesso negli altri e occupi il suolo pure abusivamente.
sabato 5 aprile 2008
mercoledì 2 aprile 2008
Presente e futuro
Chi aspetta il futuro è un dormiente e giace dimenticato a se stesso.
martedì 1 aprile 2008
domenica 16 marzo 2008
Lettera ad una attrice.
Eviti il fiume prepotente che, tra esseri umani dissanguati di pensieri,
prepotente esonda sulla diga pericolante
di chi teme di spingersi in altri personaggi
che bruciano il cuore.
E così, interpreti le tue molte strade.
Mi dici che temi il tuo disordine, o di correre troppo;
eppure sai che molto più velocemente passano le bellezze che
non si guardano, non si intendono, non si sentono.
Così non ti imponi nulla, e nulla si impone a te,
perché non segui il ticchettio stridente
dell’ orologio che conta e lamenta le occasioni perse.
lunedì 10 marzo 2008
The Michael Jackson's Pop Thriller Poem
-Cantami, o Diva, della discesa terrestre di una pop star e della sua rovina. So che dalle tue braccia scivolano le anime che perdono la antica conoscenza per sprofondare sulla terra severa.
Severa è la terra ma dolci le tue raccomandazioni per il viaggio; lascia che mi nutra di queste e le porti tra i miei ricordi.
Queste istruzioni diedi:“Starai dinanzi ai mostri terrestri che sbucano morti da sottoterra. Con essi danzerai, vestito di rosso e con occhi di demone. I tuoi occhi si copriranno di giallo bilioso e le pupille diventeranno come quelle di un serpente della foresta.
La ragazza innocente che stava con te, uguale a te quando non avevi il casco del viaggio, arretrerà col suo sguardo e da lontano ti accompegnerà, mentre in silenzio osserverà la tua farsa umana, e il tuo balletto.
Ricorda che non ti diedi Paradisi né Inferni; soltanto il teatro della tua coscienza dove il Te Stesso darà vita a te stesso.
Starai tra quelle che gli esseri umani chiamano “stelle”; eppure quassù non arriveranno che gelide grida.
Starai tra quelle che gli esseri umani chiamano “richezze”; eppure quelle non ti solleveranno.
Starai in mezzo a quelle che gli esseri umani chiamano “glorie”; eppure sin quì giungeranno gli spasimi agitati delle tue galere.
Conoscerai quella che gli esseri umani chiamano “fama”; eppure sai che quì non si distingue creatura da creatura.”
Così, infatti, avviene: vivete gli uni separati dagli altri, poiché le vostre menti dividono continuamente; e dividono voi stessi. Eppure da quì siete un paese luminoso di indistinte luci sopra una morbida collina”.
Ancora gli dissi: “Quando vivrai da mostro in mezzo ai mostri, conoscerai le ingiurie umane, il giudizio e l’ idolatria sulla tua incerta carne. Chi ti giudicherà con ferocia evidentemente vedrà se stesso come un angelo; eppure tra gli angeli nessuno li conosce.
Non sarà la carne, in realtà, a lacerarti, ma il teatro sopra la carne. Ciascuno di voi vive dentro l’ altro e i tasselli di ognuno sono proprio ciò che chiamate “altri”. Gli altri sono le parti di te stesso: ciascuno di essi rappresenta il tuo modo di vivere ogni singola parte che costituisce e compone il tuo intero.”
Aggiunsi davanti al suo piccolo volto scurito dai pensieri: “conta il tuo coraggioso viaggio, e quello è il tuo miracolo. Se desideri conoscere, e per questo sacrifichi te stesso, compi il miracolo tra i miracoli.”
Io risposi:”Mi sembra folle questo oblio e un tranello inutile e sadico.”
-“Voi passate il tempo a subissarvi di domande, e sprofondate nell’ abisso ora dopo ora. Così allontanate comodamente le vostre risposte: generate centinaia di concetti per allontanarvi da voi stessi. “
-“Mi sembra strano: perché mai?”
-“Perché avete paura di voi stessi: ed avete ragione, vi dico! Se non aveste considerazione di voi nemmeno vi portereste sulla schiena, come fate, la paura di perdere qualcosa. Chi sa di possedere qualcosa teme di perderlo. Se volete conoscervi dovete dimenticarvi, e indossare fino in fondo i ruoli che avete scelto in questa farsa.”
Un gelido fiotto di saliva passò per la gola. La parola “farsa” mi disgustava profondamente.
“-Voi date importanza a ciò che fate e pensate che sia inequivocabile. I vostri gesti hanno qui lo stesso significato che gli dà uno scimpanzè che, addestrato da voi, tenta di riprodurli.”
lunedì 25 febbraio 2008
Adàm e Adamah
Questa è la traduzione del testo ebraico antico della Genesi realizzata da Igor Sibaldi per Mondadori. La traduzione adottata dalla Cei non tiene conto delle radici etimologiche di alcuni termini ebraici; ciò non farebbe nulla se non fossero termini chiave, come ad esempio aìsh e aishà, e soprattutto adàm e adamah, cioè l' uomo singolo e l' umanità intera. Buona lettura...
CAPITOLO I
Il sesto giorno
24. L’ Elohim disse: "La Terra produca un [tipo d']anima vitale che sia ciascuna secondo la sua specie: gli animali quadrupedi, che si muovono e vivono d' una vita terrestre, ciascuno secondo la sua specie". E così avvenne.
25. L’ Elohim fece gli animali della Terra ciascuno secondo la sua specie, i quadrupedi ciascuno secondo la sua specie, quando tutto il movimento vitale dell’ adamah, in ciascuno secondo la sua specie. E l’ Elohim vide che era una cosa buona.
26. Poi l’ Elohim disse:"Facciamo l' adàm nella nostra ombra, che sia simile a noi, e terrà lo scettro sui pesci del mare e sulgi uccelli del cielo, sulgi animali quadrupedi, su tutti gli animali della terra, e su tutta la vita che si muova sulla Terra".
27. L’ Elohim creò l’ adàm a sua immagine. A immagine degli Elohim li creò, maschio e femmina li creò…
CAPITOLO II
Nel giardino dell’ Eden
8. E Yhawhè Elohim traccio una recinzione (gan) nel tempo presente (eden) dell’ eternità, e vi pose quell’ adàm che aveva plasmato.
[…]
15. Yhawhè Elohim prese dunque quell’ adàm, e lo lasciò nella recinzione del tempo presente, perché l’ adàm la elaborasse e la sorvegliasse con cura.
16. E Yhawhè Elohim stabilì e disse per l’ adàm:" Di ogni sostanza che cresce in questa recinzione tu potrai nutrirti.
17. Ma del crescere della conoscenza del bene e del male non ti nutrirai tu, perché se [nel giorno che] ne mangerai, tu morirai.
18. E Yhawhè Elohim disse:"Non è bene che l' adàm sia solo, gli farò un aiuto che rifletta la sua luce".
19. E Yhawhè Elohim formò dall’ adamah varie vite di natura terrestre e varie specie di volatili dei cieli, e li conduceva all’ adàm, perché assegnasse loro il nome; e qualsiasi nome l’ adàm avesse assegnato a essi, quel nome sarebbe stato [il nome dell’]anima vitale adeguata a loro.
20. E l’ adàm aveva nomi assegnati a tutta la moltitudine dei quadrupedi e degli uccelli del cielo, a tutti gli animali terrestri; ma l’ adàm non vedeva nessuno di quegli aiuti che riflettevano la sua luce.
21. Allora Yhawhè Elohim fece scendere un torpore sull’ adàm, che si addormentò: e spezzò uno dei suoi involucri e rivestì con cura, con la forma e la bellezza di un corpo, la fragilità di esso.
22. E Yhawhè Elohim ricostituì la sostanza dell’ involucro che aveva spezzato dall’ adàm, per farne Aishà, e la condusse all’ adàm.
23. E disse l’ adàm:"Questa è sostanza della mia sostanza, e forma della mia forma", e le diede il nome di Aishà, perché dall’ aìsh era stata tolta.
24. Perciò l’ aìsh lascerà il padre e la madre e diventerà tutt’ uno con la sua Aishà, e saranno una sola cosa nella forma esteriore.
25. E l’ adàm e l’ Aishà erano completaente nudi, e non vi era nulla in loro che fosse nascosto.
CAPITOLO III
1. Il Serpente era come la veemenza, tra quegli animali della natura che Yhawhè Elohim aveva fatto: e disse all’ Aishà:"Perchè l' Elohim vi ha detto di non nutrirvi di tutta la sostanza della recinzione?".
2. E l’ Aishà disse al Serpente:"Della sostanza dei frutti della recinzione possiamo nutrirci,
3. ma del frutto della sostanza che è al centro della recinzione l’ Elohim ha detto:non potrete mangiarne, e non potete aspirarvi con la vostra anima, per paura [perchè avete paura]che vi faccia morire".
4. E il Serpente disse all’ Aishà:"non vi farà morire;
5. perché l’ Elohim sa che nel giorno in cui ne mangerete i vostri occhi si apriranno, e voi sarete come l’ Elohim, nella conoscenza del bene e del male>>.
6. E l’ Aishà considerò che quella sostanza era buona per il gusto, e desiderabile per gli occhi, e piacevole come nessun’ altra, per l’ intelligenza; e prese del suo frutto e ne mangiò, e ne diede all’ aìsh che era unito a lei, ed egli ne mangiò.
7. E si aprirono i loro occhi, e seppero di essere nudi, e fecero crescere un’ ombra di tristezza [che li nascose] l’ uno dall’ altra; così essi si fecero gli abiti per il viaggio.
8. E udirono la voce di Yhawhè Elohim che veniva nella recinzione con la brezza della luce del giorno; e l’ adàm e la sua Aishà erano nascosti dinanzi al volto di Yhawhè Elohim, al centro della sostanza di recinzione.
9. E Yhawhè Elohim pronunciò il nome dell’ adàm, e gli disse:"Dove sei?"
10. Ed egli disse:"questa tua voce io l' ho udita soltanto, nella recinzione, io ho saputo che sono nudo,io sono nascosto".
11. Ed egli disse:"Chi ti ha insegnato che sei così nudo? Di certo quella sostanza di cui ti avevo detto che tu non ne avresti mangiato".
12. E l’ adàm disse:"L’ Aishà che mi hai dato come compagna mi ha dato questa sostanza, e io ne ho mangiato".
13. E Yhawhè Elohim disse all’ Aishà:"Perché l’ hai fatto?" E l’ Aishà disse:"Il Serpente mi ha fatta confondere, e io ne ho mangiato".
14. E Yhawhè Elohim disse al Serpente: "Poiché tu hai fatto questo, che tu sia maledetto in tuto il regno animale e in tutta la vita della natura. Secondo la tua tortuosità, tu agirai solo in basso e ti nutrirai della parte-soffiata-via [dei vapori, delle illusioni] della fisicità, per tutti i giorni della tua esistenza.
15. E io porrò una avversione profonda tra te e l’ Aishà, tra la tua discendenza e la sua discendenza: essa premerà sul tuo principio, e tu premerai sul suo calcagno".
16. All’ Aishà disse:"Io moltipicherò il numero di tutti i tuoi ostacoli, e dei tuoi concepimenti-concezioni: con dolori angosciosi tu genererai le tue creazioni; e verso il tuo aìsh sarà il tuo desiderio, ed egli si raffigurerà in te".
17. E all’ adàm disse:"Poiché hai dato ascolto alla voce della tua Aishà e ti sei nutrito di questa sostanza di cui ti avevo detto che non saresti stato tu nutrirtene, maledetta sarà per te l’ adamah: con angosciosi dolori tu ti nutrirai di essa in tutti i giorni delle tue vite.
18. e prodotti che pungono e prodotti incolti e disordinati germineranno in abbondanza per te, e ti nutrirai dei frutti acri e disseccati della natura.
19.In una perenne agitazione della tua mente tu ti nutrirai di questo cibo, fino a restituirti-reintegrarti alla adamah, dalla quale sei stato tratto, perché tu ne sei parte-soffiata-via [dei vapori, delle illusioni] e a ciò che ne è parte soffita via devi tornare.
20. E l’ adàm dette all’ Aishà il nome di Hewhà, perché essa fu la madre di ogni esistenza.
21. E Yhawhè Elohim fece all’ adàm e alla sua Aishà delle forme corporee, per proteggerli, e in esse li avvolse con cura.
22. E Yhawhè Elohim disse:"Ecco, l’ adàm è diventato come uno di noi [Elohim] per la conoscenza del bene e del male", e allora, per timore che stendesse ancora la mano e prendesse anche (il frutto) della sostanza delle vite, e ne mangiasse e vivesse in eterno,
23. Yhawhè Elohim lo separò da quella recinzione del tempo presente, perché lavorasse invece quella adamah dalla quale era stato preso.
24. E allontanò l’ adàm, e pose dinanzi al tempo anteriore, dinanzi alla recinzione del presente, i Kheruvim e la fiamma incandescente dell’ ardore devastante, che turbina sempre su se medesima, per custodire la via che conduce alla sostanza delle vite.
sabato 23 febbraio 2008
sabato 9 febbraio 2008
sabato 12 gennaio 2008
Citazione
Ho conosciuto l' amore degli uomini, ed era possessivo.
Ho conosciuto la loro amicizia, ed era sfruttamento.
Ho conosciuto il loro aiuto, ed era umiliazione.
Ho conosciuto la pietà degli uomini, ed era degnazione.
La loro protezione, ma aveva un secondo fine.
Ho conosciuto la giustizia degli uomini, ma era parziale.
La loro forza, ma era brutalità.
La loro onestà, ma era apparenza.
Ho conosciuto la fede degli uomini, ma era una prigione.
La loro filosofia, ed era cenere.
La loro scienza, ed era cecità.
Ho conosciuto la compagnia degli uomini, ma non mi riempiva.
Tutto questo ho conosciuto ed assaporato e, restandone turbato,
ho compreso di non essere morto a me stesso.
venerdì 11 gennaio 2008
Sesso e Tabù
Ad esempio, vivere il sesso come un demonio o impurità non ha fatto altro che creare patologie genitalistiche tutt’ intorno all’ argomento. Anche quando si sceglie quella strana cosa chiamata castità, la mente non fa altro che creare il paradosso opposto. Se si vive in funzione di separazioni e divisioni, non si fa altro che crearne di nuove in continuazione.
Un mio amico mi disse tempo addietro che aveva scelto per la castità per ragioni ideali, optando specificatamente per il non-toccare-femmina-alcuna. Bene; peccato che nella sua mente altro non vi fosse se non la questione del non-tocco-femmina-alcuna, rendendo alla fine spiacevoli i nostri incontri. Così organizzava incontri e serate con amici con la stessa peculiarità e via così, immerso in questa illusoria elite di infelici. Non esisteva altro se non quel pensiero.
Le separazioni creano di risposta la continua richiesta inconscia (o come dir si voglia) di ricolmare il gap, e a volte disperatamente. Se si tenta poi di sopprimerle con tutte le forze per paura o vergogna, peggio ancora. E sappiamo sgradevolmente cosa si intenda per peggio. Di contro, si verifica l’ opposto col pensiero ossessivo per la figa, ma con identiche modalità.
Non so se esista una via di mezzo, o se abbia più che altro qualche utilità. Ciascuno deve vedere da sé se ha qualche dipendenza (e anche vedere cosa intende per dipendenza…), qualche attaccamento eccessivo e, eventualmente, liberarsene. Invece di vivere la sessualità come un tabù pernicioso, credo bisognerebbe preoccuparsi di vedere se attorno a questa pulsione fondamentale e splendida della vita si sono costruiti attaccamenti, manie, morbosità. Intendo dire: possessività, genitalismo, rivalsa sull’ altro, femminismo\maschilismo e così via.
Debbo constatare che ancora oggi, duemila oltrepassato, vanno ancora di moda atavicissimi schemi. L’ Italia è sempre in prima linea, del resto. Dal prototipo Big Jim alla Costantino dovuto ad un inutile istinto materno in cerca del gorilla di famiglia forte o per redimere il maschio animale da brava mammina di famiglia, alla mega femminona bambolina possibilmente somara da tenere muta nel migliore dei casi e via così. Anzi propongo di stilare una sorta di classifica di tutte le ridicole categorie di questo genere.
domenica 6 gennaio 2008
Musica
martedì 1 gennaio 2008
Avanti e indrè
Non credo che una religione debba coltivare tanto l’ ossessione del tempo: invece di guarire dallo Ieri e dal Domani, non fa che rafforzare il sogno miseramente umano del tempo e allontare dal Sé come un razzo schizzato a tutta velocità. In altre parole: la paura di viversi. No?